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non lasciava farne quella risoluzione si conveniva; di che adirandosi el papa molto forte, pure finalmente si deliberò se gli dessino queste robe, e cosi si fece con sua grande satisfazione. In questo tempo el conte Iacopo Piccinino per opera del duca Francesco suo suocero si riconciliò col re Ferrando e ricondussesi a’ soldi sua; ed avendo avuto da lui danari, deliberò da Milano, dove era, transferirsi nel reame a visitare el re e fargli capace volere essere suo buono servidore, come e lui ed el padre erano stati di suo padre. Venne adunche a Napoli e fu ricevuto dal re con tanto onore e tanta dimostrazione di benivolenzia che non si sarebbe piú potuto esprimere, ed ogni di stava seco qualche ora a segreto parlamento; nondimeno, quando volle partire, avendo preso buona licenzia dal re, fu ritenuto ed incarcerato insieme con el conte Broccardo suo cancelliere, e pochi di poi fu morto in prigione. Mostrò el duca Francesco tal cosa dispiacergli assai, dolendosi che el conte fussi stato tradito quasi sotto la sua fede e sue braccia; ed essendo madonna Ipolita sua figliuola a Siena, che n’andava a Napoli a marito a Alfonso duca di Calavria primogenito del re, ed in sua compagnia don Federigo figliuolo del re, gli comandò si fermassi quivi insino a tanto avessi altra risoluzione da lui; ed in effetto fece cenni di avere voglia che el parentado non andassi innanzi. La qual cosa dispiacque assai alla cittá, perché desideravano si conservassi questa unione fra ’l re e duca per commune beneficio; e però s’affaticorono molto e pubicamente ed in privato alcuni cittadini suoi familiari in persuadergli non volessi dividere tale amicizia, che portava tanta sicurtá ed a sé ed agli amici sua; e cosi si fece in effetto. Molti credono che el duca, parendogli che el conte Iacopo fussi di troppa riputazione nelle arme, ed inoltre, per la memoria di Niccolò Piccinino suo padre, molto amato dal popolo di Milano, acconsentissi farlo male capitare per le mani del re; nondimeno a me non è manifesta la veritá, e chi fa questo giudicio, lo fa per conietture e non per certezza, perché se una tale cosa fu, è da credere