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altrimenti bastioni fortissimi, consumò la state. Di che nel popolo cominciò avere carico grande, come se e’ non volessi condurre a fine la impresa, ma mantenerci nella guerra; e non solo lui. ma ancora el duca di Milano che si diceva volere tenere la guerra in lungo, perché e’ viniziani e noi stessimo in sulla spesa.

In questo tempo e’ viniziani non avendo troppa commoditá di mandare soccorso in Pisa, per divertire questa espedizione cercorono romperci dalla banda di Siena; e perché la cittá per fuggire questo pericolo, si era poco innanzi, per ricordi ed opera del duca di Milano, accordata co’ sanesi, accordo certo disonorevole benché necessario, perché si sospesono per cinque anni le ragione di Montepulciano e gittossi in terra el ponte a Valiano, Pandolfo Petrucci, che governava allora Siena, non volle acconsentire alle dimande loro e dubitando di qualche scandolo drento, perché el popolo per odio de’ fiorentini vi era pure vólto, richiese si mandassino per sua sicurtá gente in su’ confini, e cosi fu mandato al Poggio Imperiale el conte Rinuccio da Marciano con dugento uomini d’arme. Disperati adunche e’ viniziani da questa banda, mandorono gente in Romagna alla volta di Marradi, dove a riscontro vi furono mandate parte delle nostre gente, ed e! duca di Milano vi mandò potente soccorso sotto el governo del conte di Caiazzo e di Fracasso; in modo che con queste forze e col favore si traeva delle terre di madonna di Imola, facilmente si difese lo stato nostro da quella banda; in modo che renduti vani in ogni luogo gli sforzi de’ viniziani, pareva che le cose nostre tutto di migliorassino e riducessinsi in buoni termini. Aggiugnevasi che nella cittá pareva ritornassi ogni di la unione, e giá nel consiglio, quando si creavano e’ magistrati, non erano difettati piú e’ piagnoni che gli altri; in modo che, creandosi del mese di ottobre lo ufício de dieci che aveva a entrare poi di dicembre, ne furono eletti con messer Guido uno de’ capi dell’altra parte, messer Domenico Bonsi, Batista Serristori e Luca di Antonio degli Albizzi, che erano stati fautori del frate.