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libro decimosettimo - cap. xiii | 75 |
da Ceri, soldato del pontefice, presa furtivamente con alcuni cavalli la porta della terra di Orbatello, sopravenendo poi con i suoi cavalli e fanti occupò la terra.
XIII
Ma a Roma succederono cose di grandissimo momento, causate non per virtú di armi ma per insidie e per fraude, con ignominia grande del pontefice e con disordinare le speranze di Lombardia; dove si sperava, per l’acquisto di Cremona, condurre a fine la impresa di Genova e di potere, secondo i disegni fatti prima, fare due diversi alloggiamenti intorno a Milano. Perché dopo la rotta ricevuta a Siena, non sperando il pontefice potere travagliare con grandi effetti i Colonnesi, e avendo volto l’animo ad assaltare con maggiori forze, come è detto, il regno di Napoli, e da altro canto non sperando i Colonnesi né gli agenti di Cesare potere fare effetti notabili contro a lui, e desiderando ancora di torgli tempo insino a tanto venisse il viceré con l’armata di Spagna, mandato a Roma Vespasiano Colonna, alla fede del quale il papa credette, avevano, a’ ventidue di agosto, capitolato insieme: che i Colonnesi rendessino Anagnia e gli altri luoghi presi; ritirassino le genti nel reame di Napoli, né tenessino piú soldati nelle terre le quali posseggono nel dominio ecclesiastico; non pigliassino l’armi a offesa del pontefice se non come soldati di Cesare, nel quale caso fussino tenuti a deporre in mano del pontefice gli stati che hanno nella giurisdizione ecclesiastica; potessino liberamente servire Cesare contro a ciascuno alla difensione del reame napoletano; e da altro canto il pontefice perdonasse a tutti l’offese fatte, abolisse il