Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/346

340 storia d'italia

quale mi disse che el re non voleva piú pigliare nulla et che omnino voleva morire, et se non fussi stato lei che certamente egli moriva. Le parole prime del re a Ces. furono «ecco el vostro servo, ecco el vostro stiavo». El Cardinale Salviati arrivò allo Corte a di 29 di settembre1».

II

Nella presente edizione della Storia d’Italia è stato naturalmente seguito, sebbene non ricalcato, il testo del Gherardi, per le ragioni che abbiamo detto e ripetuto. Se si tien conto di tutto il lavoro dal Gherardi compiuto sui manoscritti fino a lui in parte rimasti al buio ed in parte non studiati compiutamente né con sufficiente senso di devoto rispetto all’espressione dell’Autore, dell’amorosa cura che egli ha posto nella revisione e nel confronto delle lezioni diverse e principalmente della prudenza sua nel rendere la lezione definitiva con la fedeltá piú grande ai manoscritti e col non aggiungere o togliere o mutare se non ciò che per lui era strettamente necessario e che gli sembrava involontaria offesa alla sintassi del periodo per piccole cause (cancellazioni imperfette, scorsi di penna, dimenticanza di congiunzioni o di preposizioni, e cosí via) che l’autore certo avrebbe tolto in una ulteriore revisione, se di tutto ciò, diciamo, si tien conto, possiamo certo considerare l’edizione sua la piú affine nella forma a quella definitiva redazione dell’opera che avremmo avuto se la morte non avesse spento troppo presto la preziosissima attivitá dello storico. In alcuni punti, soltanto, ce ne siamo allontanati, e per diversi di essi abbiamo tenuto conto delle osservazioni che nell’ampia e giá citata recensione dell’edizione del Gherardi fece il Carli sul «Giornale Storico della Letteratura Italiana». In generale, però, ci siamo tenuti anche piú rigorosamente alla genuina lezione dei codici; ciò tanto nella parte che possiamo ritenere piú vicina alla redazione definitiva quanto nell’altra, che piú manifesta una spontanea e naturale imperfezione formale d’una prima e non ancora rielaborata espressione del pensiero. Dice il Rostagno nella sua ripetutamente citata Recensione, a pag. xci: «Questi ultimi quattro libri appaiono assai

  1. E. Rostagno, Recensione critica de ’ manoscritti, ecc., cit., pp. lxix—lxxi.