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libro decimosettimo - cap. v | 25 |
dare all’armi. Il quale, se bene nel principio sforzò la corte vecchia e il campanile del vescovado dove era guardia di fanti italiani, combattendo alla fine senza ordine, come fanno i popoli imperiti, piú con le grida che con l’armi, ed essendo offesi molto dagli scoppiettieri, posti ne’ luoghi eminenti che prima avevano occupati, ne erano feriti e ammazzati molti di loro: in modo che, crescendo continuamente i disordini e il terrore, e avendo i fanti tedeschi cominciato a mettere fuoco nelle case vicine, e giá approssimandosi alla cittá le fanterie spagnuole chiamate da capitani, il popolo, temendo degli estremi mali, convenne che i suoi capitani e molti altri de’ popolari, i quali vi consentirono, si partissino di Milano, e che la moltitudine deponesse l’armi sottomettendosi alla obbedienza de’ capitani. I quali accelerorono di fare cessare con queste condizioni il tumulto innanzi che i fanti spagnuoli entrassino dentro, dubitando che, se entravano mentre che l’una e l’altra parte era in su l’armi, non fusse in potestá loro di raffrenare l’impeto militare che la non andasse a sacco: dalla quale cosa aveano l’animo alieno, e per timore che lo esercito arricchito di sí grossa preda non si dissolvesse o diminuisse notabilmente, come perché, considerando la carestia de’ danari e l’altre difficoltá che arebbeno nella guerra, giudicavano essere piú utile conservare quella cittá, per potervi lungamente dentro pascere lo esercito, che consumare in uno giorno tutto il nervo e lo spirito che aveva.
V
Pareva adunque che le cose della lega non procedessino con quella prosperitá che gli uomini si avevano promesso da principio, essendosi giá trovate tante difficoltá nella venuta