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(benché Cesare si querelasse poi che il re, subito che ebbe recuperati i figliuoli, di nuovo gli tolse loro): restituissinsi i beni occupati ad alcuno per conto della guerra o a’ suoi successori (il che anche dette a Cesare causa di querela, perché il re non restituí i beni occupati al principe di Oranges): intendessinsi estinti tutti i cartelli, ed eziandio quello di Ruberto della Marcia. Fu compreso in questa pace per principale il pontefice, e vi fu incluso il duca di Savoia, sí generalmente come suddito dello imperio sí specialmente come nominato da Cesare; e che il re non si avesse a travagliare piú in cose di Italia né di Germania, in favore di alcuno potentato, in pregiudicio di Cesare; benché il re di Francia affermasse, ne’ tempi seguenti, non essergli proibito per questa concordia di recuperare quello che il duca di Savoia occupava del regno di Francia, e quel che pretendeva appartenersegli per le ragioni di madama la reggente sua madre. Vi fu ancora uno capitolo che nella pace si intendessino inclusi i viniziani e i fiorentini in caso che, fra quattro mesi, fussino delle differenze loro d’accordo con Cesare (che fu come una tacita esclusione); e credo il simile del duca di Ferrara. Né de’ baroni e fuorusciti del regno di Napoli fu fatto menzione alcuna. Di che il re, che, fatto l’accordo, andò subito a Cambrai a visitare madama Margherita, non essendo però al tutto di atto tanto brutto senza vergogna, fuggí per qualche dí, con vari sotterfugi, il cospetto e l’udienza degli imbasciadori de’ collegati. A’ quali poi finalmente, uditi in disparte, fece escusazione che, per ricuperare i figliuoli, non aveva potuto fare altro; ma che mandava l’ammiraglio a Cesare per benefizio loro, e altre vane speranze: promettendo a’ fiorentini di prestare loro, perché si aiutassino dagli imminenti pericoli, quarantamila ducati; che riuscivano come l’altre promesse. E dimostrando farlo per loro sodisfazione, dette licenza a Stefano Colonna, del quale non intendeva piú servirsi, che andasse agli stipendi loro.