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libro decimosettimo - cap. iv 21

putazioni che egli erano date si vedessino sommariamente per il protonotario Caracciolo, prelato confidentissimo a lui; accennando farsi questo piú presto per restituirgli lo stato con maggiore conservazione della riputazione di Cesare che per altra cagione, e che parlato che avesse col pontefice darebbe perfezione a queste cose: e nondimeno non consentí che prima si levasse l’assedio, e si promettesse di non innovare cosa alcuna, come il duca faceva instanza. Credettesi, e cosí divulgò poi la fama, che le facoltá date da Cesare a don Ugo fussino molto ampie, non solo di convenire col pontefice con la reintegrazione del duca di Milano ma eziandio di convenire col duca solo, assicurandosi che, restituito nello stato, non nocesse alle cose di Cesare; ma non commesso cosí se non con limitazione di quello che consigliassino i tempi e la necessitá; e che don Ugo, considerando in che estremitá fusse ridotto il castello, e che la concordia col duca non giovava alle cose di Cesare se non quanto fusse mezzo a stabilire la concordia col pontefice e co’ viniziani, giudicasse inutile il comporre con lui solo. Feciono dipoi don Ugo e il protonotario condurre a Moncia il Morone, che era prigione nella rocca di Trezo piú presto perché il protonotario pigliasse informazione da lui, avendo a essere giudice della causa, che per altra cagione.

Da Milano andò da poi don Ugo a Roma, avendo prima scritto a Vinegia che mandassino autoritá sufficiente allo oratore loro di Roma per potere trattare le cose occorrenti: dove arrivato si presentò insieme col duca di Sessa innanzi al pontefice, proponendogli con parole magnifiche essere in potestá sua accettare la pace o la guerra; perché Cesare, ancora che per la sua buona mente avesse inclinazione piú alla pace, era nondimeno e con l’animo e con le forze parato e a l’una e a l’altra. A che avendogli risposto il pontefice generalmente, dolendosi però che i mali termini usati seco dai suoi ministri e la tarditá della venuta sua fussino cagione che, dove prima era libero di se medesimo, si trovasse ora obligato ad altri, ritornati a lui il dí seguente, gli esposeno la intenzione