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volere soccorrere il castello di Milano, la rottura della guerra. E però il pontefice, il quale prima aveva mandato a Piacenza con le sue genti d’arme e con cinquemila fanti il conte Guido Rangone governatore generale dello esercito della Chiesa, vi mandò di nuovo con altri fanti e con le genti d’arme de’ fiorentini Vitello Vitelli, che ne era governatore, e Giovanni de’ Medici, quale fece capitano generale della fanteria italiana; e per luogotenente suo generale nello esercito e in tutto lo stato della Chiesa, con pienissima e quasi assoluta potestá, Francesco Guicciardini, allora presidente della Romagna. E i viniziani da altra parte augumentorno l’esercito loro, del quale era capitano generale il duca d’Urbino e proveditore Pietro da Pesero, fermandolo a Chiari in bresciano, con commissione che l’uno e l’altro esercito procedesse al danno de’ cesarei senza rispetto o dilazione alcuna.


IV

Tentativi di accordi di Ugo di Moncada a nome di Cesare col duca di Milano. Tentativi di accordi di Ugo di Moncada a nome di Cesare col pontefice. Lettere di Antonio de Leva intercette dal luogotenente del pontefice. Attesa in Italia di soldati svizzeri e ragioni del loro ritardo. Tumulti provocati a Milano dai capitani cesarei.

Era intratanto arrivato a Milano don Ugo di Moncada; il quale, benché la lega stipulata fusse ancora occulta al viceré e a lui, nondimeno, diffidando per le risposte del re che le cose si potessino piú ridurre alla sodisfazione di Cesare aveva seguitato il suo cammino in Italia: dove, menato seco nel castello il protonotario Caracciolo, fatta al duca ampia fede della benignitá di Cesare, lo tentò che si rimettesse alla volontá sua. Ma rispondendo il duca che, per le ingiurie fattegli dai suoi capitani, era stato necessitato a ricorrere agli aiuti del pontefice e de’ viniziani, senza partecipazione de’ quali non era conveniente disponesse di se medesimo, gli dette don Ugo speranza la intenzione di Cesare essere che le im-