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partí a’ ventisette alla volta di Genova, passando il Po a Portostella in bocca del Tesino, al cammino di Tortona; promettendo di ritornare indietro se intendesse il soccorso essere non riuscibile, e che il duca d’Urbino l’aspettasse in Pavia; al quale erano restati quattromila fanti. Ma con le genti viniziane andavano sempre dumila fanti del duca di Milano; ed erano anche in Savona mille fanti de’ franzesi, ma senza denari.

E Antonio de Leva, ritirato in Milano, proibí allora che alcuno non potesse fare pane in casa o tenervi farina, eccetto i conduttori di quello dazio; i quali gli pagorono, nove mesi continui, per ogni moggio di farina tre ducati: co’ quali denari pagò, tutto quello tempo, i cavalli e i fanti spagnuoli e i tedeschi. Il che non solo lo difese dal pericolo presente ma lo sostenne tutta la vernata futura, avendo alloggiati i fanti italiani a Novara e in alcune terre di Lomellina e per le ville del contado di Milano; ne’ quali luoghi comportò che tutta la vernata predassino e taglieggiassino.

Giunse, al primo d’ottobre, San Polo a Gavi, lontano venticinque miglia da Genova, lasciata l’artiglieria a Novi, e il seguente prese la rocca del Borgo de’ Fornari; e fattosi piú innanzi verso Genova, dove erano entrati settecento fanti corsi, si ritornò al Borgo de’ Fornari; non si trovando in tutto, per mancamento di denari, quattromila fanti, tra i suoi quegli condotti da Montigian e mille che erano stati mandati dal campo con Niccolò Doria; e quegli pochi che gli erano restati continuamente passavano in Francia. Però (potendo dire a imitazione di Cesare, ma per contrario, Veni vidi fugi) mandò Montigian con trecento fanti a Savona, dove i genovesi erano a campo; ma non vi poterono entrare, perché era serrata con le trincee e presi attorno tutti i passi. Ritirossi, a’ dieci dí d’ottobre, in Alessandria e dipoi a Senazzara tra Alessandria e Pavia, ad abboccarsi col duca di Urbino, ma restato quasi senza gente: dove consultando le cose comuni, il duca, dimostrando che tra’ viniziani e il duca di Milano non erano restati quattromila fanti, e che Antonio de Leva aveva tra Milano e fuori quattromila tedeschi seicento spagnuoli e mille quattro-