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castellano di Cremona si era condotto con una trincea in su il fosso del bastione del canto dell’arzaná, che era giá giú piú che i due terzi; in modo che quegli dentro l’avevano quasi abbandonato: il quale dí fu morto da una artiglieria Malatesta da Sogliano condottiere de’ viniziani. Cosí, continuato a battere tutto [il] dí e la notte seguente, si preparò l’esercito per dare la battaglia, essendo da ogni banda de’ tre bastioni gittata muraglia assai; ma volendo la mattina cavare l’acqua de’ fossi, vi trovorono uno muro sí gagliardo che vi consumorono tutto il dí ed eziandio il dí seguente, tanto che l’assalto si prolungò insino a’ dí diciannove, essendo levata quasi tutta l’acqua. Nel quale dí, essendo al principio della mattina stato preso il bastione del canto, si cominciò a dare l’assalto; del quale, essendo divisa la gente in tre parti, toccava il primo assalto a Antonio da Castello con le genti de’ viniziani, il secondo a Lorges con quelle di San Polo, l’ultimo al castellano con le genti di Milano, che (secondo il Cappella) erano mille dugento fanti; e il duca d’Urbino si messe a piede con dugento uomini d’arme e affrontò i bastioni, che si difeseno piú di due ore. Scrive il Cappella che dentro non erano piú che dugento tedeschi e ottocento italiani, che benché si portassino egregiamente, pure, per il poco numero, si difendevano con difficoltá. Ma il Martello scrive che dentro erano prima dumila fanti, e che di piú, a’ diciotto, all’apparita del dí, vi entrorono cinquecento archibusieri eletti, in modo che fu difesa bravamente; ma l’artiglieria piantata di lá dal Tesino strisciava tutti i loro ripari. E scrive il Cappella che e’ fu ferito in una coscia, d’uno scoppio, Pietro da Birago che morí fra pochi dí, che non volle essere levato di terra acciò che i suoi non abbandonassino la battaglia; e fu ferito anche di scoppio Pietro Botticella, che si partí dalla battaglia: capitani tutt’e due del duca di Milano. Finalmente, a ore ventidue, si entrò dentro con poco danno, e con laude grande (secondo il Martello) del duca d’Urbino; e il Cappella scrive, con laude grande del Pizinardo. E scrive il Martello che di quegli di dentro furono ammazzati da seicento in ottocento, tra’ quali quasi tutti i tedeschi (che