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provisioni per soccorrere il castello, era da dubitare non fussino fuora di tempo: e però, consultato questo pericolo co’ viniziani, stimolati ancora dagli agenti del duca di Milano che erano a Roma e a Vinegia e da molti partigiani suoi che proponevano vari partiti, si risolverono preparare tante forze che paressino bastanti a soccorrere il castello, per usarle subito che di Francia si fusse avuta la conclusione della lega; e intratanto dare speranza al popolo di Milano, e fomentare varie pratiche proposte loro nelle terre di quello stato. Però unitamente conchiuseno che i viniziani spignessino a’ confini loro, verso il fiume dell’Adda, il duca d’Urbino con le loro genti d’arme e seimila fanti italiani; e il pontefice mandasse a Piacenza il conte Guido Rangone con seimila fanti. E perché e’ pareva necessario avere uno grosso numero di svizzeri (anzi il duca di Urbino faceva intendere a’ viniziani essere necessario a conseguire totalmente la vittoria avere dodicimila svizzeri), e il pontefice e i viniziani, per non si scoprire tanto contro a Cesare insino non avessino certezza che la lega fusse fatta, non volevano mandare in Elvezia uomini loro a levargli, fu udito Gianiacopo de’ Medici milanese; il quale, mandato dal duca di Milano (per essere intervenuto allo omicidio di Monsignorino Visconte) castellano della rocca di Mus, conosciuta l’occasione de’ tempi e la fortezza del luogo, se ne era fatto padrone. Il quale, facendo intendere che molti mesi innanzi aveva tenute pratiche con vari capitani svizzeri per questo effetto, offerse di fare muovere, subito che gli fussino mandati seimila ducati, seimila svizzeri, non soldati per decreto de’ cantoni ma particolarmente; a’ quali come fussino scesi nel ducato di Milano s’avesse a dare il compimento della paga. E, come accade nelle imprese che da uno canto sono reputate facili dall’altro sono sollecitate dalla strettezza del tempo, non solo l’offerta di costui, essendo massime approvata dai ministri del duca di Milano e da Ennio vescovo di Veroli, al quale il pontefice prestava fede nelle cose de’ svizzeri per averle in nome della Chiesa trattate lungamente, e però era stato per suo ordine molti mesi a Brescia, e allora