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libro decimottavo- cap. xiv 171

a’ quali era ritornato il principe di Oranges da Siena: dove, andato vanamente per riordinare quello governo, dimorò poco. Né si dubita, che se l’esercito imperiale si fusse fatto innanzi, che il duca di Urbino e il marchese di Saluzzo si sarebbono ritirati con l’esercito alle mura di Firenze; benché per iattanza spesso parlassino che, per impedire a loro la venuta in Toscana, farebbeno uno alloggiamento o tra Orvieto e Viterbo o nel territorio sanese, verso Chiusi e Sartiano. Ma Lautrech, non ostante fussino arrivati i fanti tedeschi, procedendo, per la espettazione della pratica della pace, con la consueta tarditá, si era fermato a Parma: nella quale cittá, benché vi fussino i cardinali, ridotte in potestá sua le fortezze, e riscossi da tutt’a due quelle cittá e de’ territori loro circa cinquantamila ducati, si credeva che avesse in animo non solo tenere in potestá sua Parma e Piacenza ma, perché Bologna dependesse dalla autoritá del re, volgere il primato di quella cittá nella famiglia de’ Peppoli. I quali disegni fece vani la liberazione del pontefice. Alla quale benché da principio non paresse che Cesare condiscendesse prontamente, perché dopo la nuova della cattivitá aveva tardato piú di uno mese a farne deliberazione alcuna, nondimeno, intesa poi la andata di Lautrech in Italia e la prontezza del re di Inghilterra alla guerra, aveva mandato in Italia il generale di San Francesco e Veri di Migliau con commissione sopra questo negozio al viceré; il quale essendo, in quegli dí che arrivò il generale, morto a Gaeta, fu necessario trattare il negozio con don Ugo di Moncada, al quale anche si distendeva il mandato di Cesare, e il quale il viceré aveva sostituito in suo luogo insino a tanto che sopra il governo del regno venisse da Cesare nuova ordinazione: e avendo il generale comunicato con don Ugo, andò a Roma, e insieme con lui [Migliau] venuto di Spagna con le medesime commissioni che il generale. Conteneva questo negozio due articoli principali: l’uno, che il pontefice sodisfacesse all’esercito creditore di somma grossissima di denari; l’altro, la sicurtá di Cesare che il pontefice, liberato, non si aderisse co’ suoi inimici; e in questo si proponevano dure