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questa porta si aveva sempre a temere che, venuto da quella banda grosso esercito, o non mettesse in pericolo Lautrech o non lo divertisse dalla impresa di Napoli: il quale rispose essere necessitato a andare innanzi per i comandamenti del suo re e del re d’Inghilterra, che principalmente l’avevano mandato in Italia per la liberazione del pontefice. Alla quale deliberazione si crede lo potesse indurre il sospetto che, se si acquistava il ducato di Milano, i viniziani, riputandosi assicurati dal pericolo della grandezza di Cesare, non fussino negligenti ad aiutarlo alla impresa del regno di Napoli; e forse non meno il parere al re essere utile alle cose sue che Francesco Sforza non ricuperasse interamente quello stato, acciò che, restando a lui facoltá di offerire di lasciarlo a Cesare, conseguisse piú facilmente la liberazione de’ figliuoli per via di accordo: il quale continuamente si trattava, appresso a Cesare, per gli oratori franzesi e inghilesi e viniziani. Ma in questo trattato nascevano molte difficoltá, perché Cesare faceva instanza che la causa di Francesco Sforza si vedesse di ragione, e che pendente la cognizione fusse posseduto da sé tutto lo stato; promettendo in ogni caso di non lo appropriare a se medesimo: dimandava che i viniziani pagassino allo arciduca il resto de’ dugentomila ducati dovutigli per i capitoli di Vormazia; il che l’oratore veneto non ricusava, adempiendo l’arciduca e restituendo i luoghi a che era obligato: dimandava che a’ fuorusciti loro, come giá era stato convenuto, o restituissino centomila ducati o consegnassino entrata di cinquemila; pagassino a lui quello erano debitori per la confederazione fatta seco, la quale voleva si rinnovasse: restituissino alla Chiesa Ravenna, e rilasciassino quanto tenevano nello stato di Milano: dimandava a’ fiorentini trecentomila ducati, per le spese fatte e danni avuti per la loro inosservanza: consentiva che il re di Francia pagasse al re di Inghilterra per lui il debito de’ quattrocento cinquantamila ducati; del resto, insino in due milioni, dimandava staggi: voleva le dodici galee dal re di Francia per l’andata sua in Italia, ma non piú né cavalli né fanti: e che, subito che fusse stipulata