Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/148

142 storia d'italia

aveva continuato il suo cammino. Né mancò (come è natura degli uomini, benigni e mansueti estimatori delle azioni proprie ma severi censori delle azioni d’altri) chi riprendesse il conte Guido di non avere saputo conoscere una preclarissima occasione, perché gli imperiali, intentissimi tutti a sí ricca preda, a votare le case, a ritrovare le cose occultate, a fare prigioni e a ridurre in luogo salvo i fatti, erano dispersi per tutta la cittá, senza ordine di alloggiamenti senza riconoscere le loro bandiere senza ubbidire i segni de’ capitani; in modo che molti credetteno che se la gente che era col conte Guido si fusse condotta con prestezza in Roma non solo arebbeno conseguito, presentandosi al Castello non assediato né custodito di fuora da alcuno, la liberazione del pontefice ma ancora sarebbe succeduta loro piú gloriosa fazione, occupati tanto gli inimici alla preda che con difficoltá, per qualunque accidente, se ne sarebbe messo insieme numero notabile: essendo massime certo che, ancora poi per qualche dí, quando per comandamento de’ capitani o per qualche accidente si dava alle armi, non si rappresentava alle bandiere alcuno soldato. Ma gli uomini si persuadono spesso che se si fusse fatta o non fatta una cosa tale sarebbe succeduto certo effetto, che se si potesse vederne la esperienza si troverebbeno molte volte fallaci simili giudizi.


IX

Avanzata dell’esercito dei collegati verso Roma; fallimento del tentativo di liberare il pontefice. Lentezza dell’esercito dei collegati; indugi nella conclusione degli accordi per la resa fra il pontefice e gli imperiali. Inattivitá dell’esercito dei collegati; inutili istanze del luogotenente del pontefice.

Restava adunque a’ rinchiusi nel Castello solamente la speranza del soccorso dello esercito della lega; il quale, partito da Firenze, non prima (credo) che ’l terzo o il quarto dí di maggio (perché i viniziani erano stati lenti a pagare i svizzeri),