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200 | storia d'italia |
spaventò in modo il castellano, che si diceva Tito Tagliaferro da Parma, che, benché la rocca fusse forte e sufficientemente proveduta d’uomini, d’artiglierie e di tutte le cose necessarie, non aspettato pure un colpo d’artiglieria, la dette innanzi alla notte. La quale ricevuta, il duca fermò l’esercito, sperando che per la vacazione lunga della sedia s’avessino a dissolvere i fanti che erano in Modona, e nutrendosi nel tempo medesimo, come di sotto si dirá, di speranza d’altre cose.
V
In questo mezzo, Bonivetto disperato di potere per forza prendere Milano, alloggiato a San Cristoforo tralle porte Ticinese e Romana, luogo circondato da acque e da fossi, occupata Moncia avea mandato monsignore di Baiardo e con lui Federico da Bozzole con trecento lancie e ottomila fanti a prendere Lodi; ove, con cinquecento cavalli e cinquecento fanti della condotta che avea dalla Chiesa e da’ fiorentini, era venuto il marchese di Mantova: il quale temendo di se medesimo si ritirò a Pontevico, e la cittá abbandonata ricevette dentro i franzesi. Preso Lodi, Federigo, gittato il ponte in su Adda, passò con le genti medesime nel cremonese per soccorrere il castello; il quale stretto dalla fame, non sapendo quegli che vi erano dentro che in Italia fusse passato l’esercito del re, si era, in quegli medesimi dí che l’ammiraglio si appropinquò a Milano, convenuto di arrendersi se per tutto il dí vigesimo sesto di settembre non fussino soccorsi. Accostossi Federico al castello, e poi che l’ebbe rinfrescato di vettovaglie e d’altri bisogni deliberò di assaltare la terra, confidandosi