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libro quintodecimodecimo - cap. iv | 195 |
Perché, o per negligenza o per raccorre tutto l’esercito, del quale non piccola parte era rimasta indietro, soprastettono tre dí in su il fiume del Tesino; donde dipoi, unitisi tutti insieme tra Milano, Pavia e Binasco, vennono (credo) a Santo Cristoforo a uno miglio presso a Milano, tra porta Ticinese e porta Romana e avendo fatte le spianate, e passata l’artiglieria nella vanguardia, feciono dimostrazione di volere combattere la terra; e nondimeno, non tentato altro, fermorono in quel luogo l’alloggiamento; dal quale levatisi pochi dí poi alloggiorono alla badia di Chiaravalle, donde guastorono le mulina e tolseno l’acqua a Milano, pensando piú ad assediarlo che ad assaltarlo: perché, oltre alla moltitudine abbondantissima d’armi (nella quale si dicevano essere mille cavalli utili) e con la consueta disposizione contro al nome del re di Francia, erano allora in Milano circa ottocento uomini d’arme ottocento cavalli leggieri quattromila fanti spagnuoli seimila cinquecento tedeschi e tremila italiani. In questo stato delle cose passò all’altra vita, il quartodecimo dí di settembre, il pontefice Adriano, non senza incomodo de’ collegati, al favore de’ quali mancava oltre alla autoritá pontificale la contribuzione pecuniaria alla quale, per i capitoli della confederazione, era tenuto. Morí, lasciato di sé, o per la brevitá del tempo che regnò o per essere inesperto delle cose, piccolo concetto; e con piacere inestimabile di tutta la corte, desiderosa vedere uno italiano, o almanco nutrito in Italia, in quella sedia.
IV
Per la morte del pontefice cominciorno a perturbarsi le terre della Chiesa; nelle quali, innanzi alla infermitá sua, erano cominciate a dimostrarsi piccole faville di futuro incendio,