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levarsi dalla spesa che si faceva senza frutto, a Renzo perché si trovava con piccola provisione e senza speranza di mettere insieme maggiori forze; declinando massimamente in Lombardia le cose de’ franzesi. Né contenne l’accordo altro che promessa di non si offendere tra i fiorentini e sanesi da una parte e Renzo dall’altra, per la quale fu dato in Roma sicurtá di cinquantamila ducati per l’osservanza; e che delle prede fatte si stesse alla dichiarazione del pontefice quando fusse in Italia.

Era succeduto in Lucca, questa vernata medesima, pericoloso accidente. Perché Vincenzo di Poggio di famiglia nobile e Lorenzo Totti, sotto colore di discordie particolari ma incitati forse piú presto da ambizione e da povertá, prese le armi ammazzorono nel palagio publico il gonfaloniere di quella cittá, e di poi scorrendo per la terra ammazzorono alcuni altri cittadini loro avversari; con tanto timore universale che nessuno ardiva opporsi loro: nondimeno, cessato il primo impeto, cominciando quegli che avevano spaventati gli altri a temere, per la grandezza del delitto commesso, di se medesimi, e interponendosi molti cittadini, si uscirono con certe condizioni della cittá; della quale come furono usciti furono perseguitati da’ lucchesi rigidissimamente per tutto.

Quietate come è detto le cose di Lombardia e di Toscana, ma essendo, per l’assenza del pontefice e per le discordie e ambizioni de’ cardinali, negletta totalmente dal collegio la cura dello stato della Chiesa, Sigismondo figliuolo di Pandolfo Malatesta, antico signore di Rimini, occupò quasi solo, con debole intelligenza che aveva in Rimini, quella cittá: e benché, per instanza fattagli dal collegio, il cardinale de’ Medici andasse a Bologna come legato di quella cittá, per ricuperare Rimini e riordinare l’altre cose molto turbate di Romagna, avuta promessa dal collegio che il marchese di Mantova capitano della Chiesa andrebbe in aiuto suo; nondimeno non si messe a effetto cosa alcuna, per mancamento di danari, e perché i cardinali che gli avversavano impedivano ogni deliberazione per la quale fusse per accrescersi la sua riputazione.