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libro quartodecimo - cap. xv 167

vatosi senza effetto, seguitando il suo cammino, andò a Montelifré e di quivi al Bagno a Rapolano lontano da Siena dodici miglia, nella qual cittá aveano i fiorentini messo insino da principio il conte di Pitigliano. Ma il conte Guido, interrompendo con la diligenza e con la celeritá tutti i suoi disegni, entrò il medesimo dí in Siena con dugento cavalli leggieri, lasciato indietro l’esercito che continuamente lo seguitava. Però la vicinitá del soccorso, l’essere in questa espedizione diminuita molto, e co’ suoi medesimi e appresso agli inimici, la riputazione di Renzo, il sapersi essere ridotto in necessitá grande di vettovaglie, toglievano l’animo a quelli che in Siena arebbono desiderato mutazione; e nondimeno si appresentò a mezzo miglio alle mura, dove poiché non si faceva sollevazione si levò in capo di uno dí: nel quale dí, ma dopo la sua levata, entrorono in Siena le genti de’ fiorentini; e benché si mettessino a seguitarlo, disperate di potere giugnerlo perché aveva preso molto vantaggio, si fermorono, lasciando seguitarlo da’ cavalli leggieri e da certo numero di fanti che prima erano in Siena, da’ quali ricevette poco danno, ma camminando con celeritá, e forse non meno per la fame che per il timore, lasciò l’artiglierie per la strada, le quali con grande infamia sua pervennono in potestá degli inimici. Fermossi, per riordinare le genti molto diminuite, ad Acquapendente, sicuro, perché sapeva le genti de’ fiorentini avere rispetto a entrare nel dominio della Chiesa; ma essendogli mancati denari, e giá disprezzandolo i cardinali Volterra, di Monte e di Como, co’ quali per ordine del re di Francia si trattavano le cose sue, corse con quelle poche genti che gli erano restate a predare nella Maremma di Siena, dove dette invano la battaglia a Orbatello. Però i fiorentini, che avevano spinto l’esercito loro al ponte a Centina, che è il confine dello stato de’ sanesi e quello della Chiesa, vedendo Renzo non dissolvere totalmente le genti, minacciavano di assaltare le terre sue; però il collegio de’ cardinali, a’ quali era molesto che questo incendio si appiccasse nello stato ecclesiastico, si interpose alla concordia, che fu parimenti grata a ciascuno: a’ fiorentini per