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Teodoro da Triulzi, che disarmato in su una muletta correva al rumore; il quale pagò poi al marchese di Pescara ventimila ducati per la sua liberazione. Salvossi con fatica grande Andrea Gritti, e unitisi fuggendo co’ franzesi, tutti insieme con lungo circuito si ritirorono nella cittá: nella quale non avendo fatta provisione di difendersi, e avendo pochissimi fanti e l’animo del popolo inclinato alla rebellione, feciono alto intorno al castello. Da altra parte il marchese di Pescara, seguitando sollecitamente la prosperitá della fortuna, accostatosi a porta Romana (ritengono le porte della cittá e quelle de’ borghi il nome medesimo) fu da’ principali della fazione ghibellina che aveano occupata la porta messo dentro; e poco dipoi entrorono nel medesimo modo, per la porta Ticinese, il cardinale de’ Medici, il marchese di Mantova, Prospero e una parte dello esercito: ignorando quasi i vincitori in quale modo o per quale disordine si fusse con tanta facilitá acquistata tanta vittoria. Ma la cagione principale procedette dalla negligenza de’ franzesi; perché, per quello si potette comprendere poi, non aveva Lautrech avuto notizia che quel giorno l’esercito fusse mosso, anzi si credé che l’essere per le grandissime pioggie le strade molto rotte gli desse sicurtá che quel dí gli inimici non fussino per muovere l’artiglierie, senza le quali non pensava si mettessino ad assaltare i ripari: però, nel tempo medesimo che essi entrorono dentro, cavalcava con altri capitani disarmato oziosamente per Milano; e lo Scudo, stracco dalle vigilie della notte precedente, dormiva nel proprio alloggiamento. E nondimeno si credé che, poi che ebbe fuggendo raccolte le genti in sulla piazza del castello, arebbe avuta non piccola occasione di offendere gli inimici; de’ quali una parte era alloggiata molto disordinatamente in Milano, un’altra restata ne’ borghi col medesimo disordine, e un’altra parte alloggiata confusa e sparsa di fuora: ma impedito, dal timore e dallo errore delle tenebre, di discernere in sí breve tempo lo stato degli inimici, se ne andò la notte medesima con l’esercito a Como; dove lasciati cinquanta uomini d’arme e seicento fanti, preso il cammino per la Pieve di Inzino e passata Adda a Lecco, si