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libro nono - cap. xv 77

l’esercito a Gianiacopo da Triulzi, uno de’ quattro mariscialli di quel reame; il quale, non sapendo se in lui avesse a continuare o no, non ardiva di tentare cosa alcuna di momento. Ritornò nondimeno coll’esercito a Sermidi, per andare a soccorrere la bastia del Genivolo; la quale il pontefice molestava colle genti che erano in Romagna, avendo similmente procurato che nel tempo medesimo vi si appressasse l’armata de’ viniziani di tredici galee sottili e molti legni minori. Ma non fu necessitato a procedere piú oltre, perché, mentre che le genti di terra vi stanno intorno con piccola ubbidienza e ordine, ecco che all’improviso sopravengono il duca di Ferrara e Ciattiglione coi soldati franzesi; i quali, usciti da Ferrara con maggiore numero di genti che non aveano gli inimici, i fanti per il Po alla seconda, i capitani co’ cavalli camminando per terra in sulla riva del Po, arrivorno in sul fiume del Santerno, in sul quale gittato il ponte che aveano condotto seco furono in un momento addosso agl’inimici: i quali disordinati, non facendo resistenza alcuna altri che trecento fanti spagnuoli deputati a guardare l’artiglierie, si messono in fuga: salvandosi con difficoltá Guido Vaina, Brunoro da Furlí e Meleagro suo fratello, condottieri di cavalli, perdute l’insegne e l’artiglierie. Per il che l’armata viniziana, discostatasi per fuggire il pericolo, s’allargò nel Po.


XV

Massimiliano per consiglio del re d’Aragona si fa propugnatore di pace. Timori e sospetti del re di Francia verso Ferdinando. Il re di Francia manda il cardinale di Parigi a Mantova per le eventuali trattative. Fazioni di guerra vicino al Po e nel mirandolese. L’ambasciatore di Massimiliano, per invito del pontefice, si reca presso di lui a Bologna.

Variavano in questo modo le cose dell’armi, non si vedendo ancora indizio da potere fondatamente giudicare quale dovesse essere l’esito della guerra. Ma non meno né con minore incertitudine variavano i pensieri de’ príncipi, principal-