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libro nono - cap. ix | 37 |
presso a Costantinopoli, lo ricercò gli promettesse che ’l marchese sarebbe liberato; e recusando il bailo di promettere quel che non era in potestá sua e offerendo scriverne a Vinegia, ove non dubitava si farebbe deliberazione conforme al desiderio suo, Baiset replicandogli superbamente essere la sua volontá che egli assolutamente lo promettesse, fu necessitato a prometterlo: il che essendo significato dal bailo a Vinegia, il senato, considerando non essere tempo a irritare principe tanto potente, determinò di liberarlo; ma per occultare il suo disonore, e riportare qualche frutto della sua liberazione, prestò orecchi al desiderio del pontefice. Per mezzo del quale essendo, benché occultamente, conchiuso che, per assicurare i viniziani che ’l marchese non si moverebbe loro contro, il figliuolo primogenito fusse custodito in mano del pontefice, il marchese condotto a Bologna, poiché quivi ebbe consegnato il figliuolo agli agenti del pontefice, liberato se ne andò a Mantova: scusando sé appresso a Cesare e al re di Francia se, per la necessitá di riordinare lo stato suo, non andava ne’ loro eserciti a servirgli, come feudatario dell’uno e soldato dell’altro (perché dal re di Francia gli era stata sempre conservata la solita condotta e provisione), ma veramente avendo nell’animo di stare neutrale.
IX
Ma le cose tentate infelicemente non aveano diminuito in parte alcuna le speranze del pontefice; il quale, promettendosi piú che mai la mutazione dello stato di Genova, deliberò di nuovo d’assaltarla. Però, avendo i viniziani, i quali piú per necessitá seguitavano che approvavano questi impetuosi movimenti, accresciuta l’armata loro che era a Civitavecchia con