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libro nono - cap. viii | 33 |
cedesse per la carestia di danari, per la difficoltá del passare i fiumi e molto piú per la necessitá delle vettovaglie. Cosí si liberorono per allora i franzesi da quel pericolo, non stimato poco da loro: ancora che il re, magnificando sopra la veritá le cose sue, affermasse stare ambiguo se fusse stato utile alle cose il lasciargli passare, e che cosa facesse piú debole il pontefice, o essere senza armi o avere armi che lo offendessino come offenderebbono i svizzeri; i quali egli, con tante forze e con tanti danari, aveva avuto infinite difficoltá a maneggiare.
VIII
Ma maggiore sarebbe stato il pericolo de’ franzesi se in uno tempo medesimo fussino concorse contro a loro le offese disegnate dal pontefice. Ma come fu prima l’assalto di Genova che il movimento de’ svizzeri cosí tardò a farsi innanzi, piú che non era disegnato, l’esercito de’ viniziani; ancora che avessino avuto molto opportuna occasione. Perché essendo molto diminuite le genti de’ tedeschi che alla partita di Ciamonte erano restate in vicentino, con le quali erano i fanti spagnuoli e le cinquecento lancie franzesi, l’esercito viniziano, uscito di Padova, recuperò senza fatica Esti, Monselice, Montagnana, Morostico, Bassano; e fattisi innanzi, ritirandosi continuamente i tedeschi alla volta di Verona, entrorno in Vicenza abbandonata da loro: e cosí avendo ricuperato, da Lignago in fuora, tutto quello che con tanta spesa e travaglio de’ franzesi avevano perduto in tutta la state, vennono a San Martino a cinque miglia di Verona; nella quale cittá si ritirorno gli inimici. La ritirata de’ quali non fu senza pericolo se (come affermano i viniziani) in Luzio Malvezzo, il quale allora, per la partita di Giampagolo Baglione dagli stipendi