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296 | storia d'italia |
e fece nella fuga, il danno maggiore che Teodoro da Triulzi, chiuse le porte di Vicenza, acciò che i vinti e i vincitori alla mescolata non vi entrassino, non vi ammesse alcuno; onde molti, mettendosi a passare, annegorno nel fiume vicino, e tra questi Ermes Bentivoglio e Sacramoro Visconte. Questa fu la rotta che ricevettono, il settimo dí d’ottobre, i viniziani appresso a Vicenza; memorabile per l’esempio che dette a’ capitani che ne’ fatti d’arme non confidassino de’ fanti italiani non esperimentati alle battaglie stabili, e perché, quasi in uno istante di tempo, andò la vittoria a coloro che aveano piccolissima speranza di salute: la quale arebbe messo in pericolo o Trevigi o Padova, benché in questa l’Alviano in quello il Gritti si fussino rifuggiti con le reliquie dell’esercito; ma ripugnava, oltre alla fortezza delle terre, la stagione dell’anno giá vicina alle pioggie, né potere i capitani disporre ad arbitrio loro i soldati, non pagati, a nuove imprese. E nondimeno i viniziani, afflitti da tanti mali e spaventati da accidente tanto contrario alle speranze loro, non mancavano di provedere quanto potevano a quelle cittá: nelle quali, oltre agli altri provedimenti, mandorno, come erano consueti ne’ pericoli piú gravi, molti della gioventú nobile.
XVI
Dall’armi, dopo la giornata, si ridussono le cose a’ pensieri della concordia, trattata appresso al pontefice; al quale era andato il vescovo Gurgense, sotto nome principalmente di dargli l’ubbidienza in nome di Cesare e dell’arciduca; seguitandolo Francesco Sforza duca di Bari, per fare l’effetto medesimo in nome di Massimiliano Sforza suo fratello. E benché