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libro undecimo - cap. xii 273

furno rotti. Onde il doge, insieme con Fregosino, avendo a fatica avuto tempo di salvare la propria vita, fuggí per mare, lasciato Lodovico, l’altro fratello, alla custodia del Castelletto, e i vincitori entrorno in Genova: dove i fratelli de’ Fieschi, traportati dall’impeto della vendetta, feciono ammazzare e dipoi, legato crudelmente alla coda di un cavallo, strascinare per tutta la cittá Zaccheria fratello del doge, rimasto prigione alla battaglia fatta in su’ monti; il quale era insieme cogli altri intervenuto alla morte del fratello. Cosí ridotta Genova alla divozione del re di Francia, fu fatto in nome suo governatore Antoniotto Adorno; e l’armata franzese forní di gente e di vettovaglie la Lanterna, e di poi saccheggiata la Spezie si fermò a Portovenere.


XII

I francesi, dopo vari assalti alla cittá, si accampano a due miglia da Novara. Parole di Mottino agli svizzeri per esortarli ad assalire gli alloggiamenti nemici. Vittoria degli svizzeri e copiosi frutti di essa. Vicende della guerra dei veneziani.

Non rimaneva piú niente al re di Francia, alla recuperazione intera degli stati perduti l’anno dinanzi, che Novara e Como; le quali due cittá sole si tenevano ancora in nome di Massimiliano Sforza in tutto il ducato di Milano. Ma era, con infamia grande di tutti gli altri, destinata la gloria di questa guerra non a’ franzesi non a’ fanti tedeschi non all’armi spagnuole, non alle viniziane, ma solamente a’ svizzeri: contro a’ quali l’esercito franzese, lasciato in Alessandria presidio sufficiente per sostenere le cose di lá dal Po, si accostò a Novara; feroce per tanti successi, per la confusione degli inimici rinchiusi dentro alle mura, e per il timore giá manifesto degli spagnuoli. Rappresentavasi, oltre a queste cose, alla memoria degli uomini quasi come una immagine e similitudine del passato: questa essere quella medesima Novara nella quale era stato fatto prigione Lodovico Sforza padre del duca presente; essere