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libro decimo - cap. xvi 207

cia, che difenderlo con tanto disagio e pericolo. Partito la Palissa da Valeggio, vi entrorno le genti de’ viniziani e i svizzeri, e passate dipoi il Mincio alloggiorono nel mantovano; ove il marchese, scusandosi per la impotenza sua, concedeva il passo a ciascuno. In queste difficoltá, fu la deliberazione de’ capitani, abbandonata del tutto la campagna, attendere alla guardia delle terre piú importanti; sperando, e non senza cagione, che col temporeggiare s’avesse a risolvere tanto numero di svizzeri: perché il pontefice, non manco freddo allo spendere che caldo alla guerra, diffidandosi anche di potere supplire a’ pagamenti di numero tanto grande, mandava molto lentamente danari. Però messono in Brescia dumila fanti cento cinquanta lancie e cento uomini d’arme de’ fiorentini, in Crema cinquanta lancie e mille fanti, in Bergamo mille fanti e cento uomini d’arme de’ fiorentini; il resto dello esercito, nel quale erano settecento lancie dumila fanti franzesi e quattromila tedeschi, si ritirò a Pontevico, sito forte e opportuno a Milano, Cremona, Brescia e Bergamo, dove facilmente speravano potersi sostenere: ma il seguente dí sopravennono lettere e comandamenti di Cesare a’ fanti tedeschi che subitamente partissino dagli stipendi del re di Francia; i quali essendo quasi tutti del contado di Tiruolo, né volendo essere contumaci al signore proprio, partirono il dí medesimo. Per la partita de’ quali perderono la Palissa e gli altri capitani ogni speranza di potere piú difendere il ducato di Milano: però da Pontevico si ritirorono subito tumultuosamente a Pizzichitone. Per la qual cosa i cremonesi, del tutto abbandonati, si arrenderono all’esercito de’ collegati che giá s’approssimava, obligandosi a pagare a’ svizzeri quarantamila ducati: i quali avendo disputato in cui nome s’avesse a ricevere, sforzandosi i viniziani che fusse loro restituita, fu finalmente ricevuta (ritenendosi perciò la fortezza per i franzesi) in nome della lega, e di Massimiliano figliuolo di Lodovico Sforza; per il quale il pontefice e i svizzeri pretendevano che si acquistasse il ducato di Milano. Era venuta, ne’ dí medesimi, [in potestá de' collegati] alienata da’ franzesi la cittá di Bergamo, perché avendo la