Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/20

14 storia d'italia

sentenza che, dal dí della vostra rebellione, è stata sempre fissa nella mente di Cesare: non vi vuole il principe altrimenti che a discrezione delle facoltá, della vita e dell’onore. Né sperate che questo si faccia per avere facoltá di dimostrare piú la sua clemenza, ma si fa per potere piú liberamente farvi esempio a tutto il mondo della pena che si conviene contro a coloro che sí sceleratamente hanno mancato al principe suo della loro fede. —

Attoniti per sí atroce risposta i vicentini, poiché per alquanto spazio furono stati immobili, come privi di tutti i sentimenti, cominciorno di nuovo con lagrime e con lamenti a raccomandarsi alla misericordia del vincitore; ma essendo ribattuti dal medesimo dottore, che gli riprese con parole piú inumane e piú barbare che le prime, non sapevano né che rispondere né che pensare. Se non che Ciamonte gli confortò che ubbidissino alla necessitá, e col rimettersi liberamente nello arbitrio del principe cercassino di placare la sua indegnazione: la mansuetudine di Cesare essere grandissima, né doversi credere che il principe, nobile di sangue ed eccellente capitano, avesse a fare cosa indegna della sua nobiltá e della sua virtú: né dovergli spaventare l’acerbitá della risposta, anzi essere da desiderare che gli animi generosi e nobili si traportino con le parole, perché spesso, avendo sfogato parte dello sdegno in questo modo, alleggieriscono l’asprezza de’ fatti: offersesi intercessore a mitigare l’ira del principe, ma che essi prevenissino col rimettersi in lui liberamente. Il consiglio del quale e la necessitá seguitando i vicentini, distesisi in terra, rimesseno assolutamente sé e la loro cittá alla potestá del vincitore. Le parole de’ quali ripigliando Ciamonte, confortò il principe che nel punirgli avesse piú rispetto alla grandezza e alla fama di Cesare che al delitto loro; né facesse esempio, agli altri che fussino caduti o per potere cadere in simili errori, tale che, disperata la misericordia, avessino a perseverare insino all’ultima ostinazione. Sempre la clemenza avere dato a’ príncipi benivolenza e riputazione; la crudeltá, dove non fusse necessario, avere sempre fatto effetti contrari,