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in uno tempo medesimo, Vicenza, che i viniziani nutriti e sostentati da noi ne’ minori pericoli l’abbino ne’ maggiori pericoli, ne’ quali erano tenuti a difenderla, vituperosamente abbandonata; e che i tedeschi, che avevano qualche causa di offenderla, l’abbino gloriosamente conservata. Piglia il patrocinio nostro tu, invittissimo Ciamonte, e commemora l’esempio del tuo re, nel quale fu maggiore la clemenza verso i milanesi e verso i genovesi, che senza causa o necessitá alcuna si erano spontaneamente ribellati, che non fu il fallo loro; a’ quali avendo del tutto perdonato, essi, ricomperati da tanto beneficio, gli sono stati sempre divotissimi e fedelissimi. Vicenza conservata, o principe di Analt, se non sará a Cesare a comoditá sará almeno a gloria, rimanendo come esempio della sua benignitá; distrutta non potrá essergli utile a cosa alcuna, e la severitá usata contro a noi sará molesta a tutta Italia, la clemenza fará appresso a tutti piú grato il nome di Cesare: e cosí, come nelle opere militari e nel guidare gli eserciti si riconosce in lui la similitudine dello antico Cesare, sará riconosciuta similmente la clemenza; dalla quale fu piú esaltato insino al cielo e fatto divino il nome suo, piú perpetuata appresso a’ posteri la sua memoria, che da l’armi. Vicenza, cittá antica e chiara, e giá piena di tanta nobiltá, è in mano tua; da te aspetta la sua conservazione o la sua distruzione, la sua vita o la sua morte. Muovati la pietá di tante persone innocenti, di tante infelici donne e piccoli fanciulli i quali, quella calamitosa notte e piena di insania e di errori, non intervennono a cosa alcuna; e i quali ora con pianti e lamenti miserabili aspettano la tua deliberazione. Manda fuora quella voce, tanto desiderata, di misericordia e di clemenza; per la quale, risuscitata, la infelicissima patria nostra ti chiamerá sempre suo padre e suo conservatore. —

Non potette orazione sí miserabile, né la pietá verso la infelice cittá, mitigare l’animo del principe di Analt in modo che, pieno di insolenza barbara e tedesca crudeltá, non potendo temperarsi che le parole fussino manco feroci che i fatti, non facesse inumanissima risposta; la quale per suo