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libro nono - cap. iii 9

diceva essere di seicento uomini d’arme quattromila tra cavalli leggieri e stradiotti e ottomila fanti, sotto Giampaolo Baglione governatore e Andrea Gritti proveditore, partitosi prima da Soave e andatosi continuamente ritirando, secondo i progressi degli inimici, ne’ luoghi sicuri, finalmente messa sufficiente guardia in Trevigi, e a Mestri posto mille fanti, si era ritirato alle Brentelle luogo vicino a tre miglia di Padova, in alloggiamento molto forte, perché il paese è pieno di argini e quel luogo circondato dall’acque di tre fiumi, Brenta, Brentella e Bacchiglione. Per la ritirata del quale, i vicentini del tutto abbandonati e impotenti per se stessi a difendersi, non rimanendo loro altra speranza che la misericordia del vincitore, e confidando potere piú facilmente ottenerla per mezzo di Ciamonte, mandorono a dimandargli salvocondotto per mandare imbasciadori a lui e al principe di Anault; il quale ottenuto, si presentorono in abito miserabile e pieni di mestizia e di spavento innanzi all’uno e l’altro di loro, che erano al Ponte a Barberano propinquo a dieci miglia a Vicenza. Ove, presenti tutti i capitani e persone principali degli eserciti, il capo della legazione parlò, secondo si dice, cosí:

— Se fusse noto a ciascuno quello che la cittá di Vicenza, invidiata giá per le ricchezze e felicitá sua da molte cittá vicine, ha patito, poiché, piú per errore e stoltizia degli uomini e forse piú per una certa fatale disposizione che per altra cagione, ritornò sotto il dominio de’ viniziani, e i danni infiniti e intollerabili che ha ricevuto, ci rendiamo certissimi, invittissimi capitani, che ne’ petti vostri sarebbe maggiore la pietá delle nostre miserie che lo sdegno e l’odio per la memoria della ribellione: se ribellione merita d’essere chiamata lo errore di quella notte, nella quale, essendo spaventato il popolo nostro, perché lo esercito inimico aveva per forza espugnato il borgo della Postierla, non per ribellarsi né per fuggire lo imperio mansueto di Cesare ma per liberarsi dal sacco e dagli ultimi mali delle cittá, uscirono fuora imbasciadori ad accordarsi con gli inimici; movendo sopratutto gli uomini nostri, non assuefatti all’armi e a’ pericoli della guerra, l’autoritá del