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libro sesto ‐ cap. ii 89

ché innanzi al porto erano diciotto galee spagnuole, delle quali era capitano don Ramondo di Cardona. Ma pochi dí poi arrivò una armata di sei caracche grosse genovesi sei altre navi e sette galee, carica di vettovaglie e di molti fanti, in sulla quale era il marchese di Saluzzo, mandato, per la morte del duca di Nemors, per nuovo viceré dal re di Francia, sollecito quanto era possibile alla conservazione di Gaeta, e perciò, parte in su questi legni parte in su altri che giunsono poco poi, vi mandò in pochi dí mille fanti corsi e tremila guasconi: per la venuta della quale armata l’armata spagnuola fu costretta a ritirarsi a Napoli; e Consalvo, disperando di potere farvi piú frutto alcuno, ridusse le genti a Mola di Gaeta e al Castellone, donde teneva Gaeta come assediata di largo assedio; avendovi perduto, parte nello scaramucciare parte nel ritirarsi, molti uomini, tra’ quali fu ammazzato dall’artiglieria di dentro don Ugo di Cardona. Ma gli succedevano nel tempo medesimo prosperamente tutte le altre cose del regno: perché Prospero Colonna aveva preso la Rocca d’Evandro e l’Aquila, e tutte l’altre terre dello Abruzzi ridotte alla divozione spagnuola; e la Calavria quasi tutta la medesima ubbidienza seguitava, per l’accordo che nuovamente aveva fatto il conte di Capaccio con loro; né vi rimaneva altro che Rossano e Santa Severina, ove era assediato il principe di Rossano.


II

Successi de’ fiorentini nella guerra contro Pisa. Trattative del Valentino coi pisani e sua ambizione al dominio della Toscana. Politica ambigua del pontefice e del Valentino verso il re di Francia. Aspirazione del pontefice e del Valentino agli stati di Giangiordano Orsini.

Nel qual tempo non erano l’altre parti d’Italia vacue totalmente di sospetti e di fatiche. Perché i fiorentini, insino innanzi alle percosse che i franzesi ebbono nel reame, temendo le forze e gl’inganni del pontefice e del Valentino, avevano