Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/333


libro ottavo ‐ cap. xv 327

prese e riservati a maggiore opportunitá i danari, si attendesse solamente alla conservazione di Padova e di Trevigi e dell’altre cose ricuperate, che di quegli che piú di numero ma inferiori di prudenza, concitati dall’odio e dallo sdegno, erano facili a implicarsi in tante imprese: le quali, cominciate temerariamente, partorirono alla fine spese gravissime, con non mediocre ignominia e danno della republica.


XV

Massimiliano si ritira dal Veneto. Posizione di Verona. Vane trattative di tregua tra Massimiliano e i veneziani. Accordi tra Massimiliano e il re d’Aragona per il regno di Castiglia. Nuovi sospetti del pontefice verso il re di Francia. Morte del conte di Pitigliano.

Ma dalla parte di Padova succedevano per i viniziani piú presto le cose prospere che altrimenti. Perché trovandosi Cesare nel vicentino con quattromila fanti, una parte non molto grande delle genti dei viniziani, con aiuto de’ villani del paese, presono quasi in su gli occhi suoi il passo della Scala, e appresso il Cocollo e Basciano, luogo importante per impedire chi della Magna volesse passare in Italia; ed egli, lamentandosi che per la partita della Palissa fussino succeduti molti disordini, se ne andò a Bolzano, per trasferirsi alla dieta che per ordine suo si aveva a tenere in Spruch. Il cui esempio seguitando Ciamonte, omessi i pensieri caldi che aveva avuto di fare la impresa di Vicenza e di Lignago, considerato ancora i luoghi essere bene proveduti e la stagione del tempo molto contraria, si ritirò a Milano, lasciata bene guardata Brescia, Peschiera e Valeggio, e in Verona, per difesa di quella cittá (la quale Cesare per se stesso era impotente a difendere), seicento lancie e quattromila fanti: i quali, separati dai soldati di Cesare, alloggiavano nel borgo di San Zeno, avendo anche in potestá loro, per essere piú sicuri, la cittadella. La cittá di Verona, nobile e antica cittá, è divisa dal fiume dello Adice,