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Spagna, e dubitando che a quelli re non si unissino, per timore della sua grandezza, i viniziani e forse il pontefice, rinnovò con loro le pratiche, cominciate a tempo del re Carlo, della divisione di quel reame, al quale Ferdinando re di Spagna pretendeva similmente avere ragione. Perché se bene Alfonso re di Aragona l’avesse acquistato per ragioni separate dalla corona di Aragona, e però come di cosa propria ne avesse disposto in Ferdinando figliuolo suo naturale, nondimeno in Giovanni suo fratello che gli succedette nel regno di Aragona, e in Ferdinando figliuolo di Giovanni, era stata insino allora querela tacita che, avendolo Alfonso conquistato con l’armi e co’ danari del reame di Aragona, apparteneva legittimamente a quella corona: la quale querela aveva Ferdinando coperta con astuzia e pazienza spagnuola, non solo non pretermettendo con Ferdinando re di Napoli, e poi con gli altri che succederono di lui, gli uffici debiti tra parenti ma eziandio augumentandogli con vincolo di nuova affinitá, perché a Ferdinando di Napoli dette per moglie Giovanna sua sorella e consentí poi che Giovanna figliuola di quella si maritasse a Ferdinando giovane; e nondimeno non aveva però conseguito che la cupiditá sua non fusse, molto tempo prima, stata nota a’ re napoletani. Concorrendo adunque in Ferdinando e nel re di Francia la medesima inclinazione, l’uno per rimuoversi gli ostacoli e le difficoltá, l’altro per acquistare parte di quello che lungamente aveva desiderato, poiché a conseguire il tutto non appariva alcuna occasione, si convenneno di assaltare in uno tempo medesimo il reame di Napoli, il quale tra loro si dividesse in questo modo: che al re di Francia toccasse la cittá di Napoli con tutta la Terra di Lavoro e la provincia dello Abruzzi, e a Ferdinando le provincie di Puglia e di Calavria; e che ciascuno si conquistasse da se stesso la sua parte, non essendo l’altro obligato ad aiutarlo ma solamente a non impedirlo. E sopra tutto convenneno che questa concordia si tenesse segretissima, insino a tanto che l’esercito che il re di Francia mandasse a quella impresa fusse arrivato a Roma: al qual tempo gli imbasciadori di amendue, allegando essersi fatta per bene-