Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/99


libro primo — cap. xvi 93

scia: dove si ristrinse subito la pratica dell’accordo, ma con molte difficoltá. Perché, oltre al favore immoderato prestato da alcuni de’ suoi a Piero de’ Medici e le dimande intollerabili che si faceano di danari, Carlo scopertamente il dominio di Firenze dimandava, allegando che, per esservi entrato in quel modo armato, l’aveva, secondo gli ordini militari del regno di Francia, legittimamente guadagnato; dalla quale domanda benché finalmente si partisse, voleva nondimeno lasciare in Firenze certi imbasciadori di roba lunga, (cosí chiamano in Francia i dottori e le persone togate), con tale autoritá che, secondo gli instituti franzesi, arebbe potuto pretendere essersegli attribuita in perpetuo non piccola giurisdizione; e pel contrario i fiorentini erano ostinatissimi a conservare intera, non ostante qualunque pericolo, la propria libertá: donde, trattando insieme con opinioni tanto diverse, si accendevano continuamente gli animi di ciascuna delle parti. E nondimeno niuno era pronto a terminare le differenze con l’armi, perché il popolo di Firenze, dato per lunga consuetudine alle mercatanzie e non agli esercizi militari, temeva grandemente, avendo intra le proprie mura uno potentissimo re con tanto esercito, pieno di nazioni incognite e feroci; e a’ franzesi faceva molto timore l’essere il popolo grandissimo e l’avere dimostrato, in quegli dí che fu mutato il governo, segni maggiori d’audacia che prima non sarebbe stato creduto, e la fama publica che, al suono della campana grossa, quantitá d’uomini innumerabile di tutto il paese circostante concorresse. Nella quale comune paura levandosi spesso romori vani, ciascuna delle parti per sua sicurtá tumultuosamente pigliava l’armi, ma niuna assaltava l’altra o provocava.

Riuscí vano al re il fondamento di Piero de’ Medici, perché Piero, sospeso tra la speranza datagli e il timore di non essere dato in preda agli avversari, domandò sopra le lettere del re consiglio al senato viniziano. Niuna cosa è certamente piú necessaria nelle deliberazioni ardue, niuna da altra parte piú pericolosa, che ’l domandare consiglio; né è dubbio che manco è necessario agli uomini prudenti il consiglio che agli