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libro primo — cap. xv 87

decreto de’ magistrati, una parte tanto notabile del dominio fiorentino: perciò e le querele erano acerbissime contro a lui e per tutto si udivano voci di cittadini che stimolavano l’un l’altro a recuperare la libertá; non avendo ardire quegli che con la volontá aderivano a Piero di opporsi, né con le parole né con le forze, a tanta inclinazione. Ma non avendo facoltá di difendere Pisa e Livorno, se bene non si confidassino di rimuovere il re dalla volontá d’avere quelle fortezze, nondimeno, per separare i consigli della republica da’ consigli di Piero, e perché almeno non fusse riconosciuto dal privato quel che al publico apparteneva, gli mandorno subito molti imbasciadori, di quegli che erano malcontenti della grandezza de’ Medici; e perciò Piero, conoscendo questo essere principio di mutazione dello stato, per provedere alle cose sue innanzi nascesse maggiore disordine, si partí dal re, sotto colore di andare a dare perfezione a quello gli aveva promesso. Nel quale tempo e Carlo partí da Serezana per andare a Pisa, e Lodovico Sforza, ottenuto, con pagare certa quantitá di danari, che la investitura di Genova, conceduta dal re pochi anni innanzi a Giovan Galeazzo per lui e per i discendenti, si trasferisse in sé e ne’ discendenti suoi, se ne ritornò a Milano; ma con l’animo turbato contro a Carlo, per avere negato di lasciare a guardia sua, secondo diceva essergli stato promesso, Pietrasanta e Serezana: le quali terre, per farsi scala alla ardentissima cupiditá che aveva di Pisa, domandava, come tolte ingiustamente, pochissimi anni innanzi, da’ fiorentini a’ genovesi.

Ritornato Piero de’ Medici a Firenze trovò la maggiore parte de’ magistrati alienata da lui e sospesi gli animi degli amici di piú momento, perché contro al consiglio loro aveva tutte le cose imprudentemente governate; e il popolo in tanta sollevazione che volendo egli il dí seguente, che fu il dí nono di novembre, entrare nel palagio nel quale risedeva la signoria, magistrato sommo della republica, gli fu proibito da alcuni magistrati che armati guardavano la porta, de’ quali fu il principale Jacopo de’ Nerli, giovane nobile e ricco. Il che divulgato per la cittá, il popolo subito tumultuosamente pigliò