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libro primo — cap. xiv 83

d’animo inimico, non fortificata e poco proveduta di soldati e di munizioni, e cosí tutto il resto del dominio fiorentino mal preparato a difendersi da tanto impeto, né si dimostrando degli aragonesi, per i quali erano esposti a tanto pericolo, altro che ’l duca di Calavria, impegnato con le sue genti in Romagna per la opposizione solo di una piccola parte dell’esercito franzese; e perciò la patria loro, abbandonata da ognuno, restare in odio smisurato e in preda manifesta di chi aveva con tanta instanza cercato di non avere necessitá di nuocere loro. Questa disposizione, giá quasi di tutta la cittá, era accesa da molti cittadini nobili a’ quali sommamente dispiaceva il governo presente, e che una famiglia sola s’avesse arrogato la potestá di tutta la republica; e questi, augumentando il timore di coloro che da se stessi temevano e dando ardire a coloro che cose nuove desideravano, avevano in modo sollevato gli animi del popolo che giá cominciava molto a temersi che la cittá facesse tumultuazione; incitando ancora piú gli uomini la superbia e il procedere immoderato di Piero, discostatosi in molte cose dai costumi civili e dalla mansuetudine de’ suoi maggiori: donde quasi insino da puerizia era stato sempre odioso all’universalitá de’ cittadini, e in modo che è certissimo che il padre Lorenzo, contemplando la sua natura, si era spesso lamentato con gli amici piú intimi che l’imprudenza e arroganza del figliuolo partorirebbe la ruina della sua casa. Spaventato adunque Piero dal pericolo il quale prima aveva temerariamente disprezzato, mancandogli i sussidi promessi dal pontefice e da Alfonso, occupati per la perdita d’Ostia, per l’oppugnazione di Nettunno e per il timore dell’armata franzese, si risolvé precipitosamente d’andare a cercare dagl’inimici quella salute la quale piú non sperava dagli amici; seguitando, come pareva a lui, l’esempio del padre, il quale, essendo l’anno mille quattrocento settantanove, per la guerra fatta a’ fiorentini da Sisto pontefice e da Ferdinando re di Napoli, ridotto in gravissimo pericolo, andato a Napoli a Ferdinando, ne riportò a Firenze la pace publica e la sicurtá privata. Ma è senza dubbio molto pericoloso il governarsi con gli esempli se non concorrono,