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in questi luoghi molti dí, perché quel paese sterile e stretto, rinchiuso tra ’l mare e il monte, non bastava a nutrire tanta moltitudine; né potendo venirvi vettovaglie se non di luoghi lontani, non potevano essere a tempo al bisogno presente. Da che parea che le cose del re potessino facilmente ridursi in non piccole angustie; perché, se bene non gli potesse essere vietato che, lasciatasi indietro la terra o la fortezza di Serezana e Serezanello, assaltasse Pisa, o per il contado di Lucca, la quale cittá per mezzo del duca di Milano aveva occultamente deliberato di riceverlo, entrasse in altra parte del dominio fiorentino, nondimeno malvolentieri si riduceva a questa deliberazione, parendogli che se non espugnava la prima terra che se gli era opposta, si diminuisse tanto della sua riputazione che tutti gli altri piglierebbono facilmente animo a fare il medesimo. Ma era destinato che, o per beneficio della fortuna o per ordinazione di altra piú alta potestá (se però queste scuse meritano le imprudenze e le colpe degli uomini), a tale impedimento sopravenisse rimedio subito: imperocché in Piero de’ Medici non fu né maggiore animo né maggiore costanza nelle avversitá che fusse stata o moderazione o prudenza nelle prosperitá.

Era continuamente moltiplicato il dispiacere che la cittá di Firenze aveva da principio ricevuto dall’opposizione che si faceva al re, non tanto per essere stati di nuovo sbandeggiati i mercatanti fiorentini di tutto il reame di Francia quanto per il timore della potenza de’ franzesi, cresciuto eccessivamente come si intese l’esercito avere cominciato a passare l’Apennino, e dipoi la crudeltá usata nella occupazione di Fivizano. E però da ciascuno era palesemente detestata la temeritá di Piero de’ Medici, che senza necessitá, e credendo piú a se medesimo e al consiglio di ministri temerari e arroganti ne’ tempi della pace, inutili ne’ tempi pericolosi, che a’ cittadini amici paterni, da’ quali era stato saviamente consigliato, avesse con tanta inconsiderazione provocato l’armi d’un re di Francia, potentissimo e aiutato dal duca di Milano; essendo massime egli imperito delle cose della guerra, e Pisa, cittá