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78 storia d'italia

che l’avea seguíto ritornò con grandissima celeritá a Milano. Dove da’ principali del consiglio ducale, subornati da lui, fu proposto che, per la grandezza di quello stato e per i tempi difficili i quali in Italia si preparavano, sarebbe cosa molto perniciosa che il figliuolo di Giovan Galeazzo di etá d’anni cinque succedesse al padre, ma essere necessario avere uno duca che fusse grande di prudenza e d’autoritá; e però doversi, dispensando, per la salute publica e per la necessitá, alla disposizione della legge, come permettono le leggi medesime, costrignere Lodovico a consentire che in sé si trasferisse per beneficio universale la degnitá del ducato, peso gravissimo in tempi tali: col quale colore, cedendo l’onestá all’ambizione, benché simulasse fare qualche resistenza, assunse la mattina seguente i titoli e le insegne del ducato di Milano; protestato prima segretamente riceverle come appartenenti a sé per l’investitura del re de’ romani.

Fu publicato da molti la morte di Giovan Galeazzo essere proceduta da coito immoderato, nondimeno si credette universalmente per tutta Italia che e’ fusse morto non per infermitá naturale né per incontinenza, ma di veleno; e Teodoro da Pavia, uno de’ medici regi, il quale era presente quando Carlo lo visitò, affermò averne veduto segni manifestissimi. Né fu alcuno che dubitasse che se era stato veleno non gli fusse stato dato per opera del zio, come quello che, non contento di essere con assoluta autoritá governatore del ducato di Milano e avido, secondo l’appetito comune degli uomini grandi, di farsi piú illustre co’ titoli e con gli onori, e molto piú per giudicare che alla sicurtá sua e alla successione de’ figliuoli fusse necessaria la morte del principe legittimo, avesse voluto trasferire e stabilire in sé la potestá e il nome ducale; dalla quale cupiditá fusse a cosí scelerata opera stata sforzata la sua natura, mansueta per l’ordinario e aborrente dal sangue. E fu creduto quasi da tutti questa essere stata sua intenzione insino quando cominciò a trattare che i franzesi passassino in Italia, parendogli opportunissima occasione di metterla a effetto in tempo nel quale, per essere il re di Francia con tanto esercito