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libro primo — cap. viii 59

passare poi, secondo le prime deliberazioni, in Lombardia; ma per avere il transito libero né lasciarsi impedimenti alle spalle, era necessario congiugnersi lo stato di Bologna e le cittá d’Imola e di Furlí; perché Cesena, cittá suddita immediatamente al pontefice, e la cittá di Faenza suddita a Astore de’ Manfredi, piccolo fanciullo, soldato e che si reggeva sotto la protezione de’ fiorentini, erano per dare spontaneamente tutte le comoditá all’esercito aragonese. Dominava Furlí e Imola, con titolo di vicario della Chiesa, Ottaviano figliuolo di Ieronimo da Riario, ma sotto la tutela e il governo di Caterina Sforza sua madre: con la quale avevano trattato, giá piú mesi, il pontefice e Alfonso di condurre Ottaviano a’ soldi comuni, con obligazione che comprendesse gli stati suoi; ma restava la cosa imperfetta, parte per difficoltá interposte da lei per ottenere migliori condizioni, parte perché i fiorentini, persistendo nella prima deliberazione di non eccedere contro al re di Francia le obligazioni le quali avevano con Alfonso, non si risolvevano di concorrere a questa condotta, alla quale era necessario il consenso loro, perché il pontefice e il re ricusavano di sostenere soli questa spesa, e molto piú perché Caterina negava di mettere in pericolo quelle cittá se insieme con gli altri i fiorentini alla difesa degli stati del figliuolo non si obligavano. Rimosse queste difficoltá il parlamento che ebbe Ferdinando, mentre che per la via della Marecchia conduce l’esercito in Romagna, con Piero de’ Medici, al Borgo a San Sepolcro, perché nel primo congresso gli offerse, per commissione d’Alfonso suo padre, che usasse e sé e quell’esercito a ogni intento suo, delle cose di Firenze di Siena e di Faenza; donde diventata ardente in Piero la prima caldezza, ritornato a Firenze, volle, benché dissuadendolo i cittadini piú savi, che si prestasse il consenso a quella condotta, perché con somma instanza n’era stato pregato da Ferdinando: la quale essendosi fatta a spese comuni del pontefice d’Alfonso e de’ fiorentini, si congiunsono, pochi dí poi, la cittá di Bologna, conducendo nel medesimo modo Giovanni Bentivogli, sotto la cui autoritá e arbitrio si governava; al quale promesse il pontefice,