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libro primo — cap. vi 43

certo che nocesse alle cose comuni; perché, oltre che arebbe tentato qualunque rimedio atto a impedire la passata de’ franzesi, non si dubita che piú difficile sarebbe stato fare che Lodovico Sforza della natura altiera e poco moderata d’Alfonso s’assicurasse che disporlo a rinnovare l’amicizia con Ferdinando, sapendo che ne’ tempi precedenti era stato spesso inclinato, per non avere cagione di controversie con lo stato di Milano, a piegarsi alla sua volontá. E trall’altre cose è manifesto che, quando Isabella figliuola d’Alfonso andò a congiugnersi col marito, Lodovico, come la vide, innamorato di lei, desiderò di ottenerla per moglie dal padre; e a questo effetto operò, cosí fu allora creduto per tutta Italia, con incantamenti e con malie, che Giovan Galeazzo fu per molti mesi impotente alla consumazione del matrimonio. Alla qual cosa Ferdinando arebbe acconsentito, ma Alfonso repugnò; donde Lodovico, escluso di questa speranza, presa altra moglie e avutine figliuoli, voltò tutti i pensieri a trasferire in quegli il ducato di Milano. Scrivono oltre a questo alcuni che Ferdinando, parato a tollerare qualunque incomodo e indegnitá per fuggire la guerra imminente, aveva deliberato, come prima lo permettesse la benignitá della stagione, andare in sulle galee sottili per mare a Genova, e di quivi per terra a Milano, per sodisfare a Lodovico in tutto quello desiderasse, e rimenarne a Napoli la nipote; sperando che, oltre agli effetti delle cose, questa publica confessione di riconoscere in tutto da lui la salute avesse a mitigare l’animo suo: perché era noto quanto egli con sfrenata ambizione ardesse di desiderio di parere l’árbitro e quasi l’oracolo di tutta Italia.

Ma Alfonso, subito morto il padre, mandò quattro oratori al pontefice; il quale, facendo segni di essere alla prima inclinazione dell’amicizia franzese ritornato, aveva ne’ medesimi dí, per una bolla sottoscritta dal collegio de’ cardinali, promesso, a requisizione del re di Francia, al vescovo di San Malò la degnitá del cardinalato e condotto a’ stipendi comuni col duca di Milano Prospero Colonna, soldato prima del re, e alcuni altri condottieri di gente d’arme: e nondimeno si rendé