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libero de’ vincitori. Arrenderonsi dipoi, alla richiesta di uno trombetto solo, la torre edificata per la guardia della foce di Arno, e il bastione dello Stagno abbandonato da’ pisani, in modo che per i pisani non si teneva altro in tutto il contado che la fortezza della Verrucola e la piccola torre d’Asciano, non molestate dagli inimici per la incomoditá d’avere, volendo espugnarle, a passare Arno, e perché, essendo contigue a Pisa, potevano facilmente essere soccorse, e perché non importava alla somma delle cose il perdervi tempo.

Rimaneva adunque sola l’espugnazione di Pisa, impresa, da coloro che discorrevano prudentemente, non reputata se non difficile per la fortezza della cittá e per il numero virtú e ostinazione degli uomini che vi erano dentro: perché se bene in Pisa non erano soldati forestieri, eccetto Gurlino da Ravenna e pochi altri, i quali, venutivi agli stipendi de’ viniziani, vi erano volontariamente rimasti dopo la partita delle loro genti, vi era copioso il numero de’ cittadini e de’ contadini, né minore di qualitá che di quantitá; perché per l’esperienza continua di cinque anni erano quasi tutti divenuti atti alla guerra, e con proposito sí ostinato di non ritornare sotto il dominio de’ fiorentini che arebbono riputata minore qualunque altra gravissima avversitá. Non aveano le mura della cittá fossi innanzi a sé, ma [erano] molto grosse e di pietra di antica struttura, talmente conglutinata, per la proprietá delle calcine che si fanno in quel paese, che per la loro soliditá resistendo piú che comunemente non fanno l’altre muraglie alle artiglierie, davano, innanzi che le fussino gittate in terra, molto spazio, a coloro che erano dentro, di riparare. E nondimeno i fiorentini deliberorno d’assaltarla, confortati al medesimo da Pagolo Vitelli e da Rinuccio da Marciano, i quali davano speranza grande di espugnarla in quindici giorni. E perciò, avendo messi insieme diecimila fanti e molti cavalli, e fatti secondo la richiesta del capitano abbondantissimi provedimenti, egli, l’ultimo dí di luglio, vi pose il campo, non, come era ricordato da molti e come faceano instanza i fiorentini, da quella parte d’Arno che proibiva il soccorso che vi venisse di verso