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due dí; e dipoi espugnorono la fortezza, ammazzando tutti i fanti che vi erano rifuggiti. Dal quale successo, piú repentino di quello che si era creduto, spaventato il Sanseverino si ritirò con tutte le genti in Alessandria; scusando il suo timore col dire di avere fanteria inutile, e che i popoli dimostravano animo poco stabile nella divozione di Lodovico. Da che i franzesi tanto piú inanimiti si accostorno a quattro miglia ad Alessandria, e nel tempo medesimo presono Valenza, dove erano molti soldati e artiglierie, per opera di Donato Raffagnino milanese, castellano, corrotto dalle promesse del Triulzio, dal quale introdotti per la fortezza nella terra, presono e ammazzorono tutti i soldati, e tra questi restò prigione Ottaviano fratello naturale del Sanseverino; e fu cosa notabile che questo medesimo castellano aveva, venti anni innanzi, mancando di fede a madonna Bona e al piccolo duca Giovanni Galeazzo, dato a Lodovico Sforza una porta di Tortona, in quel medesimo dí che introdusse i franzesi in Valenza. E discorrendo dipoi per il paese come uno folgore, si arrendé loro senza difficoltá Basignano, Voghiera, Castelnuovo e Ponte Corone, e il medesimo fece, pochi dí poi, la cittá e la rocca di Tortona; dalla quale si ritirò di lá da Po, senza aspettare assalto alcuno, Antonmaria Palavicino che vi era a guardia.

L’avviso delle quali cose andato a Milano, Lodovico Sforza, vedendosi ridotto in tante angustie e che tanto impetuosamente andava in precipizio lo stato suo, perduto, come si fa nelle avversitá sí súbite, non meno l’animo che il consiglio, ricorreva a quegli rimedi a’ quali solendo ricorrere gli uomini nelle cose afflitte e quasi ridotte a ultima disperazione, fanno piú presto palese a ciascuno la grandezza del pericolo che ne conseguitino frutto alcuno. Fece descrivere nella cittá di Milano tutti gli uomini abili a portare arme; e convocato il popolo, al quale era in odio grande il nome suo per molte esazioni che aveva fatte, lo liberò da una parte delle gravezze, soggiugnendo con caldissime parole che se pareva che qualche volta fussino stati troppo aggravati, non l’attribuisseno gli uomini alla natura sua, né a cupiditá che avesse mai avuto