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libro quarto — cap. ii 309

mente per essersi maritata occultamente a Giovanni de’ Medici, il quale il duca di Milano, non contento del governo popolare, desiderava di fare, insieme col fratello, grande in Firenze. Procurò medesimamente Lodovico co’ lucchesi, co’ quali aveva grandissima autoritá, che non favorissino piú i pisani come sempre avevano fatto; il che se bene non osservorono in tutto, se ne astenneno assai per suo rispetto. Restavano i genovesi e i sanesi, inimici antichi de’ fiorentini e tra’ quali militavano le cagioni delle controversie, con questi per Montepulciano, con quegli per le cose di Lunigiana; e de’ sanesi era da temere che acciecati dall’odio non dessino, come in altri tempi molte volte con danno proprio avevano fatto, comoditá a ciascuno di turbare, per il loro stato, i fiorentini; e con tutto che a’ genovesi, per l’antiche inimicizie, fusse molesto che i viniziani si confermassino in Pisa, nondimeno (come in quella cittá suole essere piccola cura del beneficio publico) comportavano a’ pisani e a’ legni de’ viniziani il commercio delle loro riviere, per l’utilitá che ne perveniva in molti privati, onde i pisani ricevevano grandissime comoditá: però, per consiglio di Lodovico, furono da’ fiorentini mandati a Genova e a Siena imbasciadori, per trattare per mezzo suo di comporre le controversie. Ma le pratiche co’ genovesi non partorirono frutto alcuno, perché domandavano la cessione libera delle ragioni di Serezana, senza dare altro ricompenso che una semplice promessa di vietare a’ pisani le comoditá del paese loro; e a’ fiorentini pareva la perdita sí certa e, a rispetto di questa, il guadagno sí piccolo e sí dubbio che ricusorono di comperare con questo prezzo la loro amicizia.