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libro terzo — cap. xi 273

teneva in quasi continua molestia, e di dí e di notte, l’esercito degli inimici. Accrebbe le laudi sue perché, avendo ordinato che certi cavalli leggieri corressino da Cervetri, che si teneva per gli Orsini, un dí insino in sul campo, uscito fuora per l’occasione di questo tumulto, messe in fuga i fanti che guardavano l’artiglieria, della quale condusse alcuni pezzi minori in Bracciano. E nondimeno, battuti e travagliati il dí e la notte, cominciavano a sostentarsi principalmente con la speranza del soccorso; perché Carlo Orsino e Vitellozzo, congiunto per il vincolo della fazione guelfa a gli Orsini, i quali, ricevuti danari dal re di Francia per riordinare le compagnie loro dissipate nel regno di Napoli, erano passati in Italia in su’ legni venuti di Provenza a Livorno, si preparavano per soccorrere a tanto pericolo. Però Carlo, andato a Soriano, attendeva a raccorre i soldati antichi e gli amici e partigiani degli Orsini; e Vitellozzo faceva a Cittá di Castello il medesimo de’ suoi soldati e de’ fanti del paese, i quali come ebbe uniti, con dugento uomini d’arme e mille ottocento fanti de’ suoi, e con artiglieria in sulle carrette, all’uso franzese, si congiunse a Soriano con Carlo. Per il che i capitani ecclesiastici, giudicando pericoloso, se e’ procedessino piú innanzi, il trovarsi in mezzo tra loro e quegli che erano in Bracciano, e per non lasciare in preda tutto il paese circostante nel quale avevano giá saccheggiate alcune castella, levato il campo da Bracciano e ridotte l’artiglierie grosse nell’Anguillara, si indirizzorono contro degli inimici; co’ quali incontratisi tra Soriano e Bassano il combatterono insieme per piú ore ferocemente, ma finalmente gli ecclesiastici, benché nel principio del combattere fusse preso da’ Colonnesi Franciotto Orsino, furono messi in fuga, tolti loro i carriaggi tolta l’artiglieria, e tra morti e presi piú di cinquecento uomini; tra’ quali restorono prigioni il duca d’Urbino Giampiero da Gonzaga conte di Nugolara, e molti altri uomini di condizione; e il duca di Candia, ferito leggiermente nel volto, e con lui il legato apostolico e Fabrizio Colonna, fuggendo, si salvorno in Ronciglione. Riportò la laude principale di questa vittoria Vitellozzo, perché la fanteria