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libro terzo — cap. ix 263

libere, voleva aiutare i pisani alla recuperazione del contado loro: con l’aiuto delle quali genti i pisani finirono di recuperare quasi tutte le castella delle colline. Per i quali benefici e per la prontezza de’ viniziani nelle dimande loro che erano molte, ora di gente ora di danari ora di vettovaglie e di munizioni, era la volontá de’ pisani diventata tanto conforme a quella de’ viniziani che, trasportata in essi quella confidenza e amore che e’ solevano avere nel duca di Milano, desideravano sommamente che quel senato continuasse nella difesa loro; e nondimeno sollecitavano la venuta di Cesare, sperando, con le genti che erano in Pisa e con quelle menava seco, avere facilmente a conseguire Livorno.

Da altra parte i fiorentini, che oltre all’altre difficoltá erano stretti in quel tempo da gravissima carestia, stavano con molto timore, vedendosi soli a resistere alla potenza di tanti príncipi; perché in Italia non era alcuno che gli aiutasse, e per lettere degli oratori che avevano in Francia erano stati certificati che dal re, al quale avevano fatto grandissima instanza d’essere in tanti pericoli soccorsi almeno di qualche quantitá di danari, non si poteva sperare sussidio alcuno. Solamente cessava loro la molestia di Piero de’ Medici, perché il consiglio de’ collegati fu di non usare in questo moto il nome e il favore suo, avendo per esperienza compreso che i fiorentini per questo timore diventavano piú uniti alla conservazione della propria libertá. Né cessava Lodovico Sforza, sotto specie d’essere geloso della salute loro e malcontento della grandezza de’ viniziani, di confortargli efficacemente a rimettersi in Cesare, dimostrando molti pericoli e spaventi, e proponendo non restare altro modo a trarre di Pisa i viniziani; donde seguiterebbe subito la loro reintegrazione, come cosa molto necessaria alla quiete d’Italia, e desiderata per questa cagione da’ re di Spagna e da tutti gli altri confederati. E nondimeno i fiorentini, né mossi dalla vanitá di queste insidiose lusinghe né spaventati da tante difficoltá e pericoli, deliberorono di non fare con Cesare dichiarazione alcuna, né rimettere in suo arbitrio le ragioni loro se prima non erano restituiti alla