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republica, che collocata in tanta potenza degnitá e autoritá era temuta e invidiata da tutto ’l resto d’Italia, e la quale essendo a rispetto de’ re e degli altri príncipi quasi immortale e perpetua, ed essendo sempre il medesimo nome del senato viniziano, non aveva cagione di affrettare innanzi al tempo le sue deliberazioni; e appartenere piú alla sapienza e gravitá di quel senato, considerando, come era proprio degli uomini veramente prudenti, i pericoli che si ascondevano sotto queste speranze e cupiditá, e piú i fini che i princípi delle cose, rifiutati i consigli temerari, astenersi, cosí nell’occasione di Pisa come nell’altre che s’offerivano, da spaventare e irritare gli animi degli altri, almeno insino a tanto che Italia fusse meglio assicurata da’ pericoli e sospetti degli oltramontani; e avvertire sopratutto di non dare causa che di nuovo vi entrassino, perché l’esperienza aveva dimostrato, in pochissimi mesi, che tutta Italia quando non era oppressa da nazioni straniere seguitava quasi sempre l’autoritá del senato viniziano, ma quando erano barbari in Italia, in cambio di essere seguitato e temuto dagli altri, bisognava che insieme con gli altri temesse le forze forestiere.

Queste e simili ragioni erano, oltre alla cupiditá del numero maggiore, superate ancora dalle persuasioni di Agostino Barbarico doge di quella cittá, la cui autoritá era divenuta sí grande che, eccedendo la riverenza de’ dogi passati, meritava piú tosto nome di potenza che di autoritá; perché, oltre all’essere stato con felici successi in quella degnitá molti anni e l’avere molte preclare doti e ornamenti, aveva, procedendo artificiosamente, conseguito che molti senatori che volentieri si opponevano a quegli che, per la fama d’essere prudenti per la lunga esperienza e per l’avere ottenute le degnitá supreme, erano nella republica di maggiore estimazione, congiuntisi a lui, seguitavano comunemente, piú tosto a uso di setta che con gravitá o integritá senatoria, i suoi consigli. Il quale, cupidissimo di lasciare, con l’ampliazione dello imperio, chiarissima la memoria del suo nome, né terminando l’appetito della gloria l’essersi sotto il suo principato l’isola di Cipri,