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libro primo - cap. iii 11

terzo pontefice, suo zio; il quale, per desiderio immoderato della grandezza di Pietro Borgia suo nipote, arebbe, subito che fu morto Alfonso padre di Ferdinando, se la morte non si fusse interposta a’ consigli suoi, mosse l’armi per spogliarlo del regno di Napoli, ricaduto, secondo affermava, alla chiesa; non si ricordando (tanto poco può spesso negli uomini la memoria de’ benefici ricevuti) che per opera di Alfonso, ne’ cui regni era nato e cui ministro lungo tempo era stato, aveva ottenuto l’altre degnitá ecclesiastiche e aiuto non piccolo a conseguire il pontificato. Ma è certamente cosa verissima che non sempre gli uomini savi discernono o giudicano perfettamente: bisogna che spesso si dimostrino segni della debolezza dello intelletto umano. Il re, benché riputato principe di prudenza grande, non considerò quanto meritasse di essere ripresa quella deliberazione, la quale, non avendo in qualunque caso altra speranza che di leggierissima utilitá, poteva partorire da altra parte danni gravissimi. Imperocché la vendita di queste piccole castella incitò a cose nuove gli animi di coloro a' quali o apparteneva o sarebbe stato utile attendere alla conservazione della concordia comune. Perché il pontefice, pretendendo che, per la alienazione fatta senza saputa sua, fussino, secondo la disposizione delle leggi, alla sedia apostolica devolute, e parendogli offesa non mediocremente l’autoritá pontificale, considerando oltre a questo quali fussino i fini di Ferdinando, empié tutta Italia di querele contro a lui, contro a Piero de’ Medici e contro a Verginio; affermando che, per quanto si distendesse il potere suo, opera alcuna opportuna a ritenere la degnitá e le ragioni di quella sedia non pretermetterebbe. Ma non manco se ne commosse Lodovico Sforza, al quale erano sempre sospette l’azioni di Ferdinando; perché, essendosi vanamente persuaso, il pontefice co’ consigli di Ascanio e suoi aversi a reggere, gli pareva perdita propria ciò che si diminuisse della grandezza d’Alessandro. Ma soprattutto gli accresceva la molestia il non si potere piú dubitare che gli Aragonesi e Piero de’ Medici, poi che in opere tali procedevano unitamente, non avessino contratta insieme