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di Napoli, che Ferdinando, non volendo fare resistenza a questa fatale disposizione, né riputandosi vergogna il cedere a un tanto re, voleva non manco che gli altri stare a sua ubbidienza e divozione, pure che da lui gli fusse conceduta qualche parte del reame, accennando della Calavria, nella quale stando, non come re ma come uno de’ suoi baroni, potesse adorare la clemenza e la magnanimitá del re di Francia; al cui servigio sperava d’avere qualche volta occasione di dimostrare quella virtú che la mala fortuna gli aveva vietato di potere per la salute di se medesimo esercitare. Questo consiglio non potere essere a Carlo di maggiore gloria, e simile a’ consigli di quegli re memorabili appresso all’antichitá, i quali con tali opere aveano fatto immortale il nome loro e conseguito appresso a’ popoli gli onori divini; ma non essere consiglio manco sicuro che glorioso, perché, ridotto Ferdinando alla sua divozione, arebbe il regno stabilito, né arebbe a temere della mutazione della fortuna, della quale era proprio, ogni volta che le vittorie non s’assicuravano con moderazione e con prudenza, maculare con qualche caso inopinato la gloria guadagnata.

Ma parendo a Carlo che il concedere parte alcuna del reame al suo competitore mettesse tutto il resto in manifestissimo pericolo, don Federigo si partí discorde da lui; e Ferdinando, poiché furono arrendute le castella, se n’andò con quattordici galee sottili male armate, con le quali s’era partito da Napoli, in Sicilia, per essere parato a ogni occasione, lasciato a guardia della rocca d’Ischia Inico Davalo fratello d’Alfonso, uomini amendue di virtú e di fede egregia verso il suo signore. Ma Carlo, per privare gl’inimici di quello ricettacolo, molto opportuno a turbare il reame, vi mandò l’armata, che finalmente era arrivata nel porto di Napoli; la quale, trovata la terra abbandonata, non combatté la rocca, disperandosi per la fortezza sua di poterla ottenere: però deliberò il re far venire altri legni di Provenza e da Genova per pigliare Ischia, e assicurare il mare infestato qualche volta da Ferdinando. Ma non era pari alla fortuna la diligenza o il consiglio, governandosi tutte le cose freddamente e con grandissima