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libro secondo — cap. I 117

vi stette confinato molti mesi. Stimolavalo oltre a questo la memoria che Pisa, innanzi venisse in potestá de’ fiorentini, era stata dominata da Giovan Galeazzo Visconte primo duca di Milano; per il che e stimava essergli glorioso recuperare quel che era stato posseduto da’ suoi maggiori e gli pareva potervi pretendere colore di ragione, come se a Giovan Galeazzo non fusse stato lecito lasciare per testamento, in pregiudicio de’ duchi di Milano suoi successori, a Gabrielmaria suo figliuolo naturale Pisa, acquistata da sé ma con le pecunie e con le forze del ducato di Milano. Né contenti i pisani d’avere levato la cittá dalla ubbidienza de’ fiorentini attendevano a occupare le terre del contado di Pisa; le quali quasi tutte seguitando, come quasi sempre fanno i contadi, l’autoritá della cittá, riceverono ne’ primi dí della ribellione i loro commissari, non si opponendo da principio i fiorentini, occupati, insino non composono col re, in pensieri piú gravi, e aspettando, dopo la partita sua di Firenze, che il re, obligato con sí publico e solenne giuramento, vi provedesse. Ma poiché da lui si differiva il rimedio, mandatavi gente, recuperorno, parte per forza parte per accordo, tutto quello che era stato occupato, eccetto Cascina, Buti e Vicopisano: nelle quali terre i pisani, non essendo potenti a resistere per tutto, avevano ristrette le forze loro.

Né a Carlo in secreto era molesto il procedere de’ pisani, la causa de’ quali aveva fautori scopertamente molti de’ suoi, indotti alcuni da pietá, per la impressione giá fatta in quella corte che e’ fussino stati dominati acerbamente, altri per opporsi al cardinale di San Malò il quale si dimostrava favorevole a’ fiorentini; e sopra tutti il siniscalco di Belcari, corrotto con danari da’ pisani ma molto piú perché, malcontento dell’essersi augumentata troppo la grandezza del cardinale, cominciava, secondo le variazioni delle corti, a essere discordante da lui, per la medesima ambizione per la quale, per avere compagnia a sbattere gli altri, l’aveva prima fomentato: e questi, non avendo rispetto a quello che convenisse all’onore e alla fede di tanto re, dimostravano essergli piú utile tenere