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e’ pericoli, ma quello si confida potersene difendere, e se non fussi questa confidenzia non gli aspetterebbe, questo può essere che gli tema piú che el debito, né sta saldo perché si risolve a volere piú presto el danno che la vergogna.

126. Suole communemente intervenire nella nostra cittá, che chi è de’ principali a fare che uno acquisti lo stato, gli diventa presto inimico. La causa si dice essere, perché essendo tali communemente persone di qualitá e di ingegno e forse inquieti, chi ha lo stato in mano gli piglia a sospetto. Un’altra se ne può aggiugnere: perché parendo loro avere meritato molto, vogliono spesso piú che non se gli conviene, e non l’avendo si sdegnano; da che di poi tra l’uno e l’altro nasce l’inimicizia ed el sospetto.

127. Come colui che ha aiutato o è stato causa che uno salga in uno grado, lo vuole governare a suo modo, giá comincia a cancellare el beneficio che gli ha fatto, volendo usare lui la autoritá che ha operato che sia data a quell’altro; e lui ha giusta causa di non lo comportare, né per questo merita essere chiamato ingrato.

128. Non si attribuisca a laude chi fa o non fa quelle cose, le quali se omettessi o facessi meriterebbe biasimo.

129. Dice el proverbio castigliano: el filo si rompe dal lato piú debole. Sempre quando si viene in concorrenzia o in comparazione di chi è piú potente o piú rispettato, succumbe el piú debole, nonostante che la ragione o l’onestá o la gratitudine volessi el contrario; perché communemente s’ha piú rispetto allo interesse suo che al debito.

130. Non posso io, né so farmi bello, né darmi riputazione di quelle cose che in veritá non sono, e tamen sarebbe piú utile fare el contrario; perché è incredibile quanto giova