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libro primo - capitolo vi 13


piú che tutti gli altri governi uno governo misto come di sopra, ed in uno governo simile vorrò che la guardia della libertá contro a chi volessi opprimere la republica appartenga a tutti, fuggendo sempre quanto si possa la distinzione tra nobili e plebei; e per necessitá uno governo misto è temperato in modo, che in favore della libertá l’uno ordine è guardia dell’altro.

Ma quando fussi necessitato mettere in una cittá o uno governo meramente di nobili o uno governo di plebe, crederrò sia manco errore farlo di nobili; perché essendovi piú prudenzia ed avendo piú qualitá, si potrá piú sperare si mettino in qualche forma ragionevole, che in una plebe la quale essendo piena di ignoranzia e di confusione e di molte male qualitá, non si può sperare se non che precipiti e conquassi ogni cosa. Né procederò con quella distinzione: o tu vuoi fare una republica che acquisti o una che conservi; perché el governo della plebe non è né per acquistare né per conservare, ed el governo di Roma era misto, non plebeo. E questa conclusione è secondo la sentenzia di tutti quelli che hanno scritto delle republiche, che prepongono el governo degli ottimati a quello della moltitudine.

CAPITOLO VI

[Se in Roma si poteva ordinare uno stato che togliesse via le inimicizie intra il popolo ed il senato.]

Io credo essere vero che volendo e’ romani adoperare la plebe alla guerra, come per el piccolo numero de’ patrizi erano necessitati, volendo adoperare le arme proprie, che era necessario tenerla contenta; ed el non volere fare questo e’ patrizi, fu causa di tanti tumulti e sedizione, perché né gli volevano ammettere nel governo, né si astenevano da quelle ingiurie che davano causa alla plebe di desiderare di participarne;