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XI

[Sullo stesso argomento.]

In contrario.


Io lascerò, onorevoli senatori, e’ proemi da parte, perché noi siamo in termini che ci bisogna piú conclusione che parole, ed è tanto cognosciuto da ognuno la importanza di questa deliberazione, che è superfluo lo avvertirlo. Lo imperadore ci ricerca di accordo con condizione, se non buone e secondo la degnitá di questa republica, almanco secondo la natura de’ tempi assai tollerabile; ed in effetto tale, che se non ci fussi altro male che e’ capitoli che si propongono, nessuno farebbe difficultá di accettarli; proponci la guerra di presente in caso che recusiamo lo accordo, e nessuno di noi è che dubiti questa essere guerra perniziosissima, la quale soli abbiamo a sostenere con uno principe sí potente e fortunato, con uno esercito dove sono buoni capitani e buoni soldati, e che sono in reputazione grande per la astuzia loro, per la virtú militare e per essere in sul corso delle vittorie. Noi da altro canto esausti per le lunghe e continue spese, né pari di esercito agli inimici, perché abbiamo soldati mercennari raccolti tumultuosamente donde si possono avere, né quello numero di buoni capitani che sarebbe necessario al modo che noi vogliamo tenere di difendere le terre; s’ha a fare la guerra in sul nostro, che oltre a essere pericolosissima per infiniti accidenti che possono nascere e di rebellione e di altri casi, ci torrá al primo colpo tutte le entrate e publiche e private di terraferma.

F. Guicciardini, Opere - viii. 10